Il ricatto

Il 13 e 14 gennaio si voterà il referendum nello stabilimento Fiat di Mirafiori.
Più che referendum il voto si basa su un ricatto bello e buono, in nome del “modernismo”.
O si accetta di lavorare senza diritti, senza rappresentanza, sulla base di un accordo firmato solo da CISL e UIL e scritto da Marchionne o si delocalizza, lasciando i lavoratori senza lavoro.
Credo che per i lavoratori non sarà facile scegliere, e sicuramente è capibile chi voterà per il sì, in quanto oggi il lavoro diventa un bene indiscusso del quale non si può fare a meno, ma credo che  chi lo farà abbia bene in mente il salto che si appresta a compiere.
Infatti con questo accordo si aprono le porte all’’800, già perché le condizioni non solo degli operai della FIAT, ma degli operai in generale subiranno un arretramento notevole per ciò che riguarda i diritti e risprofonderemo nel secolo in cui la rivoluzione industriale cominciava a svilupparsi e i lavoratori erano alla mercè dei padroni del vapore.
Con una firma si recede di oltre 100 anni, ma come dicevo, mentre è comprensibile il voto di coloro che sono impegnati a mantenere il proprio posto di lavoro, così non è comprensibile lo schierarsi di alcune forze del centrosinistra come il PD, con alcuni suoi uomini di punta da Fassino a D’alema a  Veltroni a Chiamparino, a favore dell’accordo.
Come può una forza che ha le sue radici nel mondo del lavoro e  nelle sue lotte,schierarsi per Marchionne, come si può pensare che nel nostro Paese, la democrazia, i diritti, la rappresentanza, la libertà, si debba appendere tutti i giorni fuori dai cancelli degli stabilimenti per 8/10/12 ore a seconda di come decide il “padrone” e vivere quelle ore, che sono una buona parte della propria vita, quasi  senza tutele e diritti democratici?
Sembra una vita vissuta a 2 livelli.
Come può una forza che si dice di sinistra essere ancora maanchista su un tema come questo, non si può continuamente stare con Marchionne, ma anche con gli operai, a volte bisogna scegliere, anche se una discussione è in atto all’interno di quel partito e personaggi come Cofferati, che non sono mai stati teneri con la FIOM, oggi la appoggiano, ma sono ancora pochi, come si può pensare che a sinistra si debba discutere di un tema come questo se perdere i diritti o mantenere il lavoro, ma che modernità è questa, che futuro è?
Ma come si può uscire dal berlusconismo se l’idea di modernità è questa ?
Se nei 150 anni dell’unità d’Italia si vuole per il futuro una nazione alla Marchionne, credo che le prospettive per il Paese e per la sinistra siano veramente drammatiche.
Che democrazia è questa? Dove all’interno di questi stabilimenti saranno rappresentati solo i sindacati “ buoni”, cioè coloro che sono netta minoranza da sempre,  fra i lavoratori, ma hanno accettato l’accordo, questo ricorda molto le fabbriche e le rappresentanze del ventennio.
Certo nelle fabbriche la democrazia è spesso stata un optional e si è dovuta conquistare  e difendere      con grandi lotte e sacrifici, ma oggi sembra che si stia veleggiando verso un nuovo fascismo, certo più sottile, in doppiopetto o con il pullover, ma sicuramente un arretramento pesante.
Tutto questo per abbattere i costi del lavoro ed essere più competitivi ci dicono.
Bene è uscito in questi giorni l’analisi di un gruppo di economisti che ha dimostrato che il costo del lavoro sul prodotto finito incide solo per il 7%, ora credo che per quanto si possa fare il costo non si potrà abbassare più di tanto e non sarà questo a rendere competitiva la FIAT, forse invece è una mancanza di strategia industriale è una mancanza di modelli sul mercato che fanno si che sia la marca automobilistica europea  che soffre maggiormente oggi perdendo quote di mercato, ma  come mai in Germania o in Francia non si è nemmeno ipotizzato un’operazione del genere, come mai in quelle realtà per superare la crisi si è puntato  sulla ricerca, sulla tecnologia , sulla sicurezza  e quantità dei modelli  sull’innovazione tecnologica?
Forse allora  questa vuole essere una lezione per un Paese che dopo 20 anni di berlusconismo, ha oggi voglia di rialzare la testa?
In un intervista che ha rilasciato a Repubblica domenica 9 gennaio Peter Olney sindacalista americano del settore auto dice questo : “Sergio Marchionne recita in Italia un copione già scritto qui negli Stati Uniti. Alla Fiat si riproduce l'attacco ai sindacati che da anni è in atto nelle imprese americane. Guai a sottovalutarne la gravità: la rappresentanza dei lavoratori, l'organizzazione sindacale, sono l'ultimo baluardo contro l'imbarbarimento della società e l'impoverimento della democrazia. Anche i referendum di fabbrica sotto un clima d'intimidazione, li conosciamo bene".
"Il chief executive di Fiat-Chrysler non fa che ripetere tutte le mosse dei top manager di General Motors, e  Ford. Per  il ricatto ai lavoratori usa un linguaggio a cui siamo abituati: gli operai vengono descritti come dinosauri, relitti di un'era al tramonto, costretti ad accettare i diktat dall'alto perché altrimenti poco competitivi, quindi condannati a perdere il posto. In quanto ai referendum sotto ricatto, di recente se n'è tenuto uno alla fabbrica della Nissan nel Tennessee, per decidere proprio sulla questione della rappresentanza sindacale. Dopo una campagna di pressioni, minacce, intimidazioni da parte dell'azienda, i lavoratori hanno finito per piegare la testa e votare contro il sindacato. Oggi il sindacato americano riparte proprio da questo: vogliamo imporre un codice di condotta, che impedisca alle aziende di impaurire i lavoratori manipolando le consultazioni referendarie".

Questa è la politica di Marchionne e della FIAT, la PAURA, IL RICATTO.

Marchionne ha detto chiaramente che in questa operazione è stato aiutato dal governo e lo ha ringraziato, infatti il governo è stato “forza assente” in tutta la trattativa sia a Pomigliano prima,
e a Mirafiori poi.
Già l’asse , Marchionne, Berlusconi, Sacconi, non solo stanno portando l’Italia allo sfacelo dell’economia, ma anche della democrazia.
In questo deserto mi auguro che alta si levi la voce del Presidente della Repubblica che dica in maniera chiara che la Costituzione, proprio nel 150° compleanno di una Nazione, va applicata fuori e dentro le fabbriche con i suoi doveri e i suoi diritti.
Ed è per questo, che in questo momento diventa inevitabile stringersi attorno alla FIOM ultimo baluardo della democrazia in Italia.
Come SEL saremo a fianco dei lavoratori e della FIOM e il 28 gennaio saremo al suo fianco  nello sciopero generale dei metalmeccanici, insieme per costruire un progetto di un’Italia migliore e diversa che rimetta il tema del lavoro e dei lavoratori come punto centrale dello sviluppo.

Francesco Rivola
portavoce SEL Valle del Senio

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