Oltre 2 milioni al giorno per la guerra
Martedì 25 gennaio la Camera dei Deputati vota il diciannovesimo rifinanziamento semestrale della missione italiana di guerra in Afghanistan.
Per i 181 giorni di campagna militare che vanno dal 1° gennaio al 30 giugno 2011, è prevista una spesa complessiva di oltre 410 milioni di euro, vale a dire più di 68 milioni al mese (2,26 milioni al giorno).
Per i 181 giorni di campagna militare che vanno dal 1° gennaio al 30 giugno 2011, è prevista una spesa complessiva di oltre 410 milioni di euro, vale a dire più di 68 milioni al mese (2,26 milioni al giorno).
Un ulteriore incremento rispetto ai 393 milioni (65 al mese) del secondo semestre 2010, causato dall'invio al fronte di nuovi rinforzi che a giugno porteranno il nostro contingente a 4.350 uomini, 883 mezzi terrestri (tra blindati leggeri e pesanti, carri armati, camion e ruspe) e 34 velivoli (tra caccia-bombardieri, elicotteri da combattimento e da trasporto e droni).
Vediamo i dettagli di spesa. 380,77 milioni di euro per il mantenimento del contingente militare schierato in Afghanistan, 12,17 milioni per il personale militare della missione (125 uomini e 6 mezzi) che opera nelle basi americane negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrein e in Florida (Usa), 2,1 milioni per il personale della Guardia di Finanza (Isaf, Eupol e Jmous) e 5 milioni per le operazioni d'intelligence degli 007 dell'Aise (l'ex Sismi).
Ancora: 6,37 milioni per le operazioni militari 'Cimic' a favore della popolazione locale (aiuti in cambio di intelligence), 1,5 milioni per il sostegno e l'addestramento alle forze armate afgane tramite il fondo fiduciario Nato e 2,19 milioni per ''interventi operativi di emergenza e di sicurezza per la tutela dei cittadini e degli interessi italiani'' in Afghanistan motivati da ''l'ulteriore considerevole deterioramento della situazione di sicurezza nel Paese e dalla segnalazione di una specifica minaccia di sequestri di persona''.
Fuori dalle spese militari e 'paramilitari', troviamo il sempre più striminzito finanziamento alle iniziative di cooperazione allo sviluppo: 16,5 milioni di euro (contro i 18,7 del secondo semestre 2010) che serviranno a pagare progetti di ricostruzione e di assistenza umanitaria e anche a organizzare una conferenza regionale della società civile per l'Afghanistan, in collaborazione con la rete di organizzazioni non governative 'Afghana.org' (associazione promossa da Arci, Lunaria e Lettera22).
In nove anni e mezzo (compreso quindi il rifinanziamento attualmente in esame), questa inutile campagna militare ha risucchiato dalle esangui casse dello Stato più di 3 miliardi di euro.
Merita ripercorrere la progressione annuale del costo della missione bellica afgana: 70 milioni di euro nel 2002, 68 nel 2003, 109 nel 2004, 204 nel 2005, 279 nel 2006, 336 nel 2007, 349 nel 2008, 540 nel 2009, 773 nel 2010 e (di questo passo) almeno 820 milioni nel 2011.
Merita ripercorrere la progressione annuale del costo della missione bellica afgana: 70 milioni di euro nel 2002, 68 nel 2003, 109 nel 2004, 204 nel 2005, 279 nel 2006, 336 nel 2007, 349 nel 2008, 540 nel 2009, 773 nel 2010 e (di questo passo) almeno 820 milioni nel 2011.
Enrico Piovesana
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A piccoli passi la Lega Nord prosegue nel tentativo di demolire l'Italia
PINI: EMENDAMENTO IN AFFARI COSTITUZIONALI, RESTO FIDUCIOSO
(DIRE) Forli', 19 gen. - Slitta la discussione alla Camera sulla legge per la Regione Romagna, rilanciata qualche giorno fa dal deputato leghista Gianluca Pini. L'emendamento di Pini alla proposta di legge relativa all'abolizione delle Province, infatti, e' stato rinviato alla commissione Affari costituzionali. Dunque "alla Camera si parlera' di Regione Romagna fra una quindicina di giorni", fa presente oggi una nota del Carroccio romagnolo. L'emendamento prevede l'istituzione della nuova regione con contestuale abolizione delle tre Province di Ravenna, Forli' e Rimini e dopo l'opportuno referendum, limitato ai soli territori romagnoli.
Pini si dice "abbastanza fiducioso" rispetto all'ammissibilita' dell'emendamento in questione, perche' "tratta dell'abolizione di Province in sintonia con l'obiettivo primari della proposta di legge". Nel frattempo la Lega Nord dice che "continuera' a tenere alta l'attenzione sulla necessita' di istituire la Regione Romagna, un impegno che ha assunto e mantenuto da 20 anni a questa parte con determinazione e continuita'".
Anche nei nostri territori i Rappresentanti della Lega Nord nel 2009 hanno presentato una mozione per la creazione della regione Romagna, dove SEL Valle del Senio si è espressa con voto contrario.
I dati delle PRIMARIE del Centrosinistra a Bologna e a Napoli
BOLOGNA - A scrutinio ultimato, Virginio Merola è risultato il vincitore delle primarie a Bologna con il 58,3% dei voti. Il candidato del Partito democratico ha preceduto Amelia Frascaroli, cattolica di sinistra, senza tessere e appoggiata da Sinistra ecologia e libertà (36%), e l’altro indipendente Benedetto Zacchiroli, ex collaboratore di Sergio Cofferati. Un grande risultato per la candidata civica Amelia Frascaroli.
Le primarie bolognesi hanno fatto registrare anche un boom di votanti: 28.440 cittadini alle urne, 3.000 in più rispetto a due anni fa.
Non è come si temeva: l’affluenza alle primarie è ottima. Solo lievemente inferiore a quella delle primarie della volta scorsa che incoronarono Flavio Del Bono. Ma i votanti potrebbero, alla fine, anche essere di più di due anni fa.
Alle 18 avevano, infatti, votato in 22.414, mentre alle primarie precedenti avevano votato, in tutto, 25.000 persone.
A NAPOLI – Andrea Cozzolino, europarlamentare del Pd e candidato alle primarie del centrosinistra per le amministrative di Napoli, ha annunciato la propria affermazione con uno scarto di circa 1.200 voti su Umberto Ranieri. I dati in possesso di Cozzolino vedono la vittoria dell’ex assessore regionale bassoliniano con 16.364 voti (il 37% dei voti) su Ranieri cui sarebbero andate 15.134 preferenze. Un conteggio che deriva dai dati raccolti dai rappresentanti di lista e dai presidenti di seggio. Il rappresentante di Sinistra ecologia e libertà Libero Mancuso si sarebbe classificato terzo con 6.995 voti (15,8%). Quarto l’assessore comunale del Pd Nicola Oddati con 5.388 preferenze. I votanti sono stati 44.751 in tutto.
Le primarie bolognesi hanno fatto registrare anche un boom di votanti: 28.440 cittadini alle urne, 3.000 in più rispetto a due anni fa.
Non è come si temeva: l’affluenza alle primarie è ottima. Solo lievemente inferiore a quella delle primarie della volta scorsa che incoronarono Flavio Del Bono. Ma i votanti potrebbero, alla fine, anche essere di più di due anni fa.
Alle 18 avevano, infatti, votato in 22.414, mentre alle primarie precedenti avevano votato, in tutto, 25.000 persone.
A NAPOLI – Andrea Cozzolino, europarlamentare del Pd e candidato alle primarie del centrosinistra per le amministrative di Napoli, ha annunciato la propria affermazione con uno scarto di circa 1.200 voti su Umberto Ranieri. I dati in possesso di Cozzolino vedono la vittoria dell’ex assessore regionale bassoliniano con 16.364 voti (il 37% dei voti) su Ranieri cui sarebbero andate 15.134 preferenze. Un conteggio che deriva dai dati raccolti dai rappresentanti di lista e dai presidenti di seggio. Il rappresentante di Sinistra ecologia e libertà Libero Mancuso si sarebbe classificato terzo con 6.995 voti (15,8%). Quarto l’assessore comunale del Pd Nicola Oddati con 5.388 preferenze. I votanti sono stati 44.751 in tutto.
28363 VOTANTI alle PRIMARIE 2011 a Bologna
Virginio Merola vince le primarie del Centrosinistra 2011 a Bologna.
interviste di Stella Romano a Virgino Merola, Raffaele Donini, Maurizio Cevenini, Stefano Bonaccini e discorso di Zacchiroli, Frascaroli, Merola.
riprese e montaggio di Giorgio Gattelli. Si ringrazia per il video la Redazione di PDBologna.org.
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verso le primarie
Saharawi. Con il rispetto dei diritti dei popoli il Mediterraneo può diventare "un mare di pace"
Ecco il testo dell'ordine del giorno presentato da Ugo Mazza al Primo Congresso regionale di SEL Emilia-Romagna e approvato all'unanimità.
Il Congresso della Regione Emilia-Romagna di Sinistra Ecologia Libertà
Il Congresso della Regione Emilia-Romagna di Sinistra Ecologia Libertà
esprime la propria ferma condanna contro l’attacco armato avvenuto per volontà del Re e del Governo del Regno del Marocco contro il campo eretto il 10 di ottobre da cittadini Saharawi nei pressi di EL Aaiun nel Sahara Occidentale, occupato militarmente e in modo illegittimo dal Marocco nel 1975.
Il Campo di Gdmeil Izik, era stato eretto nel deserto con il consenso dei proprietari dei terreni; era formato da oltre 8000 tende con la presenza fino a 20 000 Saharawi; era una forma di protesta pacifica contro la politica razziata e repressiva del Governo Marocchino e per rivendicare il loro diritto al lavoro, alla casa, alla scuola per i figli, alla salute e all’assistenza; per rivendicare la loro dignità di cittadini .
All’alba del 6 novembre 2010 esercito e polizia hanno assaltato il campo, incendiato le tende e violentemente aggredito cittadini e famiglie Saharawi inermi unite dal sogno dell’autodeterminazione e della libertà ; contro la violazione dei diritti umani e per lo svolgimento del referendum previsto dalle risoluzioni dell’ONU ma che il Marocco vuole a tutti i costi impedire.
Il Regno del Marocco, prima ha impedito all’ONU-MINURSO di entrare nel campo; ora impedisce agli osservatori internazionali di conoscere i fatti, il numero dei morti, dei feriti e delle persone “disperse”.
Secondo le valutazioni Saharawi oltre 10 sarebbero i morti, oltre 700 i feriti e oltre 200 gli arrestati, donne e uomini di ogni età, ora sottoposti a torture spaventose nelle carceri e a processi sommari senza alcuna assistenza legale in cui, per i giudici, fa fede solo il rapporto di polizia: come fu nei tribunali fascisti italiani.
Il Congresso Regionale di Sinistra Ecologia Libertà chiede:
- la fine delle persecuzioni contro i cittadini Saharawi ed esprime la propria vicinanza ai cittadini aggrediti e alle famiglie delle vittime oltre alla propria solidarietà al popolo Saharawi e alla Rappresentanza in Italia della Repubblica Araba Democratica Saharawi (RASD);
- la fine delle violenze contro le persone incarcerate, il rispetto del diritto della difesa durante i processi e dei diritti umani costantemente violati dal Marocco;
- che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, tramite la MINURSO già presente nel Sahara Occidentale, controlli il rispetto dei diritti umani e che operi con decisione per il rispetto delle proprie risoluzioni e per lo svolgimento del referendum nel Sahara Occidentale;
- che l’UE e l’Italia sospendano ogni accordo commerciale con il Marocco che prevede lo sfruttamento delle risorse del Sahara Occidentale (pesce, fosfati , minerali rari ecc.) fino a quando non sarà stabilito, tramite il referendum, la sovranità sul Sahara occidentale, così come sancito dal diritto internazionale;
- che il Governo Italiano, come per altri Paesi, pretenda il rispetto dei diritti umani da parte del Regno del Marocco prima di ogni accordo, sia bilaterale che della stessa Unione Europea.
I Saharawi chiamavano il campo di Gdmail Izik “il campo della dignità e della libertà” perché potevano finalmente parlare tra loro, cantare le loro canzoni, riunirsi e discutere liberamente, manifestare le loro idee: cosa che è a loro impedito nei territori occupati militarmente dal Marocco.
Questo campo ora non c’è più, ma il sogno dei Saharawi continua ed è dovere di ogni democratico battersi perché non sia più possibile uccidere i sogni; perché la libertà e l’autodeterminazione siano un diritto di tutti i popoli; perché i Saharawi possano finalmente decidere con il referendum del loro futuro.
Sinistra Ecologia Libertà si batte per il rispetto dei diritti di tutti i popoli e per la soluzione pacifica dei conflitti, a partire dalla questione palestinese, per la convivenza e l’amicizia tra i popoli, perché il Mediterraneo diventi un “mare di pace”e di prosperità per tutti.
Rimini, 16 gennaio 2011
Il Campo di Gdmeil Izik, era stato eretto nel deserto con il consenso dei proprietari dei terreni; era formato da oltre 8000 tende con la presenza fino a 20 000 Saharawi; era una forma di protesta pacifica contro la politica razziata e repressiva del Governo Marocchino e per rivendicare il loro diritto al lavoro, alla casa, alla scuola per i figli, alla salute e all’assistenza; per rivendicare la loro dignità di cittadini .
All’alba del 6 novembre 2010 esercito e polizia hanno assaltato il campo, incendiato le tende e violentemente aggredito cittadini e famiglie Saharawi inermi unite dal sogno dell’autodeterminazione e della libertà ; contro la violazione dei diritti umani e per lo svolgimento del referendum previsto dalle risoluzioni dell’ONU ma che il Marocco vuole a tutti i costi impedire.
Il Regno del Marocco, prima ha impedito all’ONU-MINURSO di entrare nel campo; ora impedisce agli osservatori internazionali di conoscere i fatti, il numero dei morti, dei feriti e delle persone “disperse”.
Secondo le valutazioni Saharawi oltre 10 sarebbero i morti, oltre 700 i feriti e oltre 200 gli arrestati, donne e uomini di ogni età, ora sottoposti a torture spaventose nelle carceri e a processi sommari senza alcuna assistenza legale in cui, per i giudici, fa fede solo il rapporto di polizia: come fu nei tribunali fascisti italiani.
Il Congresso Regionale di Sinistra Ecologia Libertà chiede:
- la fine delle persecuzioni contro i cittadini Saharawi ed esprime la propria vicinanza ai cittadini aggrediti e alle famiglie delle vittime oltre alla propria solidarietà al popolo Saharawi e alla Rappresentanza in Italia della Repubblica Araba Democratica Saharawi (RASD);
- la fine delle violenze contro le persone incarcerate, il rispetto del diritto della difesa durante i processi e dei diritti umani costantemente violati dal Marocco;
- che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, tramite la MINURSO già presente nel Sahara Occidentale, controlli il rispetto dei diritti umani e che operi con decisione per il rispetto delle proprie risoluzioni e per lo svolgimento del referendum nel Sahara Occidentale;
- che l’UE e l’Italia sospendano ogni accordo commerciale con il Marocco che prevede lo sfruttamento delle risorse del Sahara Occidentale (pesce, fosfati , minerali rari ecc.) fino a quando non sarà stabilito, tramite il referendum, la sovranità sul Sahara occidentale, così come sancito dal diritto internazionale;
- che il Governo Italiano, come per altri Paesi, pretenda il rispetto dei diritti umani da parte del Regno del Marocco prima di ogni accordo, sia bilaterale che della stessa Unione Europea.
I Saharawi chiamavano il campo di Gdmail Izik “il campo della dignità e della libertà” perché potevano finalmente parlare tra loro, cantare le loro canzoni, riunirsi e discutere liberamente, manifestare le loro idee: cosa che è a loro impedito nei territori occupati militarmente dal Marocco.
Questo campo ora non c’è più, ma il sogno dei Saharawi continua ed è dovere di ogni democratico battersi perché non sia più possibile uccidere i sogni; perché la libertà e l’autodeterminazione siano un diritto di tutti i popoli; perché i Saharawi possano finalmente decidere con il referendum del loro futuro.
Sinistra Ecologia Libertà si batte per il rispetto dei diritti di tutti i popoli e per la soluzione pacifica dei conflitti, a partire dalla questione palestinese, per la convivenza e l’amicizia tra i popoli, perché il Mediterraneo diventi un “mare di pace”e di prosperità per tutti.
Rimini, 16 gennaio 2011
SEL Emilia Romagna
Mirafiori. Parte la mobilitazione di SEL Emilia-Romagna a sostegno della Fiom e dei lavoratori/trici
Sinistra Ecologia Libertà Emilia-Romagna, riunitasi a Rimini nel suo primo Congresso Regionale il 15 e il 16 gennaio 2011, ha approvato il seguente ordine del giorno:
Più straordinari e meno pause, turni massacranti, limitazioni gravissime al diritto di sciopero e soprattutto nessuna rappresentanza in fabbrica per chi non si allinea e non cede al ricatto (fatto che non ha precedenti nella storia delle relazioni sindacali del nostro Paese). La firma di Mirafiori stravolge il sistema contrattuale e il delicato tema delle relazioni sindacali.
SEL Emilia-Romagna guarda con preoccupazione e inquietudine a questo ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori che si collega in un unico disastroso scenario alle leggi Gelmini su scuola e Università e ricerca, alle leggi Brunetta sul pubblico impiego e al “collegato lavoro” recentemente approvato. Certo, Mirafiori rappresenta un evidente salto di qualità: siamo di fronte all'affossamento del contratto nazionale, alla cancellazione dei diritti fondamentali sanciti dal nostro ordinamento, al peggioramento effettivo delle condizioni per migliaia di lavoratori/trici.
Nonostante il tentativo di ottenere, attraverso l’arma del ricatto –“o voti si, o non lavorerai più”- un plebiscito per il sì al referendum sull’accordo, l’esito di Mirafiori ci restituisce un quadro in cui resistenza, dignità, speranze dei lavoratori e delle lavoratrici, non lasciano il passo a pressioni reazionarie e a coercizioni. Oggi come non mai, e alla luce del risultato referendario, è necessario ogni sforzo per riaprire la partita dentro la Fiat e in tutto il Paese.
In particolare tutto il centrosinistra, a partire dal Partito Democratico, deve sentirsi impegnato nel garantire un quadro di relazioni sindacali e di tutela delle condizioni rispettose dei diritti sanciti dalla costituzione, delle leggi e del contratto nazionale. La FIOM e la CGIL sono in campo e il risultato della prova di forza voluta dalla FIAT ne riconferma ruolo e legame con i lavoratori.
SEL condanna con forza questo “accordo” che esclude il Sindacato più rappresentativo tra i lavoratori dell'azienda e prefigura un ritorno ad un passato che si pensava fosse alle nostre spalle. Questo senza proporre nessun piano industriale valido e ignorando qualsiasi ipotesi di mobilità e sviluppo sostenibile.
Sinistra Ecologia Libertà – Emilia Romagna, vicina a tutti i lavoratori della Fiat Mirafiori, promuoverà nelle prossime settimane iniziative di mobilitazione e discussione anche in raccordo con la FIOM e la CGIL. A partire da oggi ogni struttura di SEL Emilia-Romagna deve ritenersi parte attiva nel contrastare questa grave violazione della democrazia nei luoghi di lavoro. In particolare, SEL Emilia Romagna aderisce a partecipa alla mobilitazione del 27 gennaio e chiama tutti gli iscritti e simpatizzanti a scendere in piazza insieme alla Fiom, alla Cgil e ai loro segretari generali a Bologna.
Più straordinari e meno pause, turni massacranti, limitazioni gravissime al diritto di sciopero e soprattutto nessuna rappresentanza in fabbrica per chi non si allinea e non cede al ricatto (fatto che non ha precedenti nella storia delle relazioni sindacali del nostro Paese). La firma di Mirafiori stravolge il sistema contrattuale e il delicato tema delle relazioni sindacali.
SEL Emilia-Romagna guarda con preoccupazione e inquietudine a questo ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori che si collega in un unico disastroso scenario alle leggi Gelmini su scuola e Università e ricerca, alle leggi Brunetta sul pubblico impiego e al “collegato lavoro” recentemente approvato. Certo, Mirafiori rappresenta un evidente salto di qualità: siamo di fronte all'affossamento del contratto nazionale, alla cancellazione dei diritti fondamentali sanciti dal nostro ordinamento, al peggioramento effettivo delle condizioni per migliaia di lavoratori/trici.
Nonostante il tentativo di ottenere, attraverso l’arma del ricatto –“o voti si, o non lavorerai più”- un plebiscito per il sì al referendum sull’accordo, l’esito di Mirafiori ci restituisce un quadro in cui resistenza, dignità, speranze dei lavoratori e delle lavoratrici, non lasciano il passo a pressioni reazionarie e a coercizioni. Oggi come non mai, e alla luce del risultato referendario, è necessario ogni sforzo per riaprire la partita dentro la Fiat e in tutto il Paese.
In particolare tutto il centrosinistra, a partire dal Partito Democratico, deve sentirsi impegnato nel garantire un quadro di relazioni sindacali e di tutela delle condizioni rispettose dei diritti sanciti dalla costituzione, delle leggi e del contratto nazionale. La FIOM e la CGIL sono in campo e il risultato della prova di forza voluta dalla FIAT ne riconferma ruolo e legame con i lavoratori.
SEL condanna con forza questo “accordo” che esclude il Sindacato più rappresentativo tra i lavoratori dell'azienda e prefigura un ritorno ad un passato che si pensava fosse alle nostre spalle. Questo senza proporre nessun piano industriale valido e ignorando qualsiasi ipotesi di mobilità e sviluppo sostenibile.
Sinistra Ecologia Libertà – Emilia Romagna, vicina a tutti i lavoratori della Fiat Mirafiori, promuoverà nelle prossime settimane iniziative di mobilitazione e discussione anche in raccordo con la FIOM e la CGIL. A partire da oggi ogni struttura di SEL Emilia-Romagna deve ritenersi parte attiva nel contrastare questa grave violazione della democrazia nei luoghi di lavoro. In particolare, SEL Emilia Romagna aderisce a partecipa alla mobilitazione del 27 gennaio e chiama tutti gli iscritti e simpatizzanti a scendere in piazza insieme alla Fiom, alla Cgil e ai loro segretari generali a Bologna.
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Nichi Vendola - c'è una Bologna migliore (per Amelia Frascaroli - Primarie 23 gennaio)
ichi Vendola con una video lettera rivolta a tutti i cittadini torna a parlare a Bologna, a due giorni dell'appuntamento delle primarie. Torna a parlare del candidato che Sel ha deciso fin dalla prima ora di appoggiare: Amelia Frascaroli. E' una scelta che ribadiamo con fermezza e che faremmo altre mille volte perché Amelia spezza, con la sua mite e rigorosa determinazione, il paradigma di una politica che non risponde più alle necessità dei bolognesi. Rompere gli schemi non significa lasciare macerie dietro di sé, significa, al contrario, ricostruire più avanti e più in alto per una città che, oggi più che mai, ha bisogno di un rilancio.
Nichi Vendola e Sel si augurano comunque la più larga partecipazione possibile per le primarie di domenica: sarà questa, qualunque sia l'esito finale, la vittoria più bella per tutti e per tutto il centro sinistra.
Sinistra Ecologia Libertà - Bologna
Nichi Vendola e Sel si augurano comunque la più larga partecipazione possibile per le primarie di domenica: sarà questa, qualunque sia l'esito finale, la vittoria più bella per tutti e per tutto il centro sinistra.
Sinistra Ecologia Libertà - Bologna
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HERA-IRIN. SEL Emilia-Romagna: "Avviare un confronto regionale"
Sinistra Ecologia Libertà Emilia-Romagna, riunitasi a Rimini nel suo primo Congresso Regionale il 15 e il 16 gennaio 2011, ha approvato il seguente ordine del giorno:
Il congresso regionale di Sinistra Ecologia Libertà esprime forte preoccupazione per la scelta di Hera di emettere un prestito obbligazionario convertibile di 140 milioni di euro.
Riteniamo tale scelta sbaglia sul piano del metodo e del merito.
Essa infatti insiste su una situazione finanziaria della società già in condizione di stress, ma soprattutto determina nel suo esito un cambiamento a vantaggio dei privati negli assetti proprietari.Tutto questo avviene in assenza di un reale indirizzo pubblico sulle scelte strategiche. E’ inammissibile che sia il management ad assumere decisioni di tale portata, riducendo i consigli comunali a semplici organi di ratifica.
Ad aggravare il nostro giudizio è la notizia che le risorse reperite con questa operazione saranno destinate all’acquisizione di una società, quella di La Spezia, seriamente compromessa sul piano dell’equilibrio finanziario e collocata in un ambito territoriale non contiguo. Tale operazione appare ad oggi priva di qualsiasi logica industriale e dei necessari requisiti di trasparenza, nonché destinata a impegnare disponibilità economiche che dovrebbero essere destinate alla vera, unica mission di Hera, il miglioramento dei servizi pubblici locali e il contenimento dei costi a carico degli utenti.
Questo non potrà accadere con il nostro consenso.
E’ invece prioritario avviare immediatamente un confronto regionale sulle strategie di Hera-Iren.
Parlare infatti di riconversione ecologica dell’economia senza affrontare il nodo dell’indirizzo di società a controllo pubblico che intervengono sui settori del ciclo idrico, energetico e dei rifiuti appare sterile.
Essere proprietari del 51% di una società può significare limitarsi ad incassare dividendi o intervenire per determinarne scelte strategiche e priorità gestionali.
Noi siamo per la seconda ipotesi, a tutela del territorio, dei lavoratori, dei cittadini dell’Emilia Romagna.
Su questi temi il congresso impegna gi organismi dirigenti entranti ad attivarsi nell’immediato, restituendo alla dimensione pubblica, il dibattito sulla gestione e organizzazione dei Servizi Pubblici Locali e su Hera- Iren.
Il congresso regionale di Sinistra Ecologia Libertà esprime forte preoccupazione per la scelta di Hera di emettere un prestito obbligazionario convertibile di 140 milioni di euro.
Riteniamo tale scelta sbaglia sul piano del metodo e del merito.
Essa infatti insiste su una situazione finanziaria della società già in condizione di stress, ma soprattutto determina nel suo esito un cambiamento a vantaggio dei privati negli assetti proprietari.Tutto questo avviene in assenza di un reale indirizzo pubblico sulle scelte strategiche. E’ inammissibile che sia il management ad assumere decisioni di tale portata, riducendo i consigli comunali a semplici organi di ratifica.
Ad aggravare il nostro giudizio è la notizia che le risorse reperite con questa operazione saranno destinate all’acquisizione di una società, quella di La Spezia, seriamente compromessa sul piano dell’equilibrio finanziario e collocata in un ambito territoriale non contiguo. Tale operazione appare ad oggi priva di qualsiasi logica industriale e dei necessari requisiti di trasparenza, nonché destinata a impegnare disponibilità economiche che dovrebbero essere destinate alla vera, unica mission di Hera, il miglioramento dei servizi pubblici locali e il contenimento dei costi a carico degli utenti.
Questo non potrà accadere con il nostro consenso.
E’ invece prioritario avviare immediatamente un confronto regionale sulle strategie di Hera-Iren.
Parlare infatti di riconversione ecologica dell’economia senza affrontare il nodo dell’indirizzo di società a controllo pubblico che intervengono sui settori del ciclo idrico, energetico e dei rifiuti appare sterile.
Essere proprietari del 51% di una società può significare limitarsi ad incassare dividendi o intervenire per determinarne scelte strategiche e priorità gestionali.
Noi siamo per la seconda ipotesi, a tutela del territorio, dei lavoratori, dei cittadini dell’Emilia Romagna.
Su questi temi il congresso impegna gi organismi dirigenti entranti ad attivarsi nell’immediato, restituendo alla dimensione pubblica, il dibattito sulla gestione e organizzazione dei Servizi Pubblici Locali e su Hera- Iren.
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Acqua pubblica e rinnovabili. Il nostro impegno per i referendum
Sinistra Ecologia Libertà Emilia-Romagna, riunitasi a Rimini nel suo primo Congresso Regionale il 15 e il 16 gennaio 2011, ha approvato all'unanimità il seguente ordine del giorno:
"La Corte Costituzionale ha valutato positivamente due quesiti, sottoscritti da 1.400.000 cittadini, per la ripubblicizzazione dell'acqua promossi dal Forum nazionale dei Movimenti per l'Acqua di cui SEL è sostenitore, oltre a quelli sul Nucleare e sul Legittimo Impedimento.
I quesiti sull’acqua ammessi sono quelli contro la privatizzazione della gestione forzosa del servizio idrico imposta dalla legge Ronchi e quello sul profitto garantito.
A primavera gli uomini e le donne di questo paese decideranno su un bene essenziale. La vittoria dei “sì” porterà ad invertire la rotta sulla gestione dei servizi idrici e sui servizi pubblici locali e su tutti i beni comuni.
Lo svolgimento dei referendum sull’acqua bene comune rappresenta una straordinaria occasione per cambiare l’agenda politica liberista che in questi anni ha avviato un processo di privatizzazione di cui la gestione delle risorse idriche nel nostro Paese è un simbolo emblematico.
Così come il referendum sul nucleare potrà costituire un utile strumento per aprire finalmente una discussione pubblica sulla riconversione ecologica dell’economia e del modello energetico.
Sinistra Ecologia Libertà dell’Emilia Romagna convenuta a Rimini nel suo primo Congresso impegna tutti i livelli, Istituzionali e Politici, al sostegno della campagna referendaria attivandosi per: chiedere che la data del voto referendario coincida con quella delle elezioni amministrative della prossima primavera; aderire all’appello del Comitato “SIacquapubblica” per l’autofinanziamento sottoscrivendo quote significative sul raggiungimento del quorum; formare in ogni territorio comitati unitari per il Si; continuare la battaglia contro la privatizzazione in tutti gli enti locali.
Da oggi inizia l'ultima tappa, siamo sicuri che le migliori energie di questa regione non si tireranno indietro".
SEL Emila Romagna
"La Corte Costituzionale ha valutato positivamente due quesiti, sottoscritti da 1.400.000 cittadini, per la ripubblicizzazione dell'acqua promossi dal Forum nazionale dei Movimenti per l'Acqua di cui SEL è sostenitore, oltre a quelli sul Nucleare e sul Legittimo Impedimento.
I quesiti sull’acqua ammessi sono quelli contro la privatizzazione della gestione forzosa del servizio idrico imposta dalla legge Ronchi e quello sul profitto garantito.
A primavera gli uomini e le donne di questo paese decideranno su un bene essenziale. La vittoria dei “sì” porterà ad invertire la rotta sulla gestione dei servizi idrici e sui servizi pubblici locali e su tutti i beni comuni.
Lo svolgimento dei referendum sull’acqua bene comune rappresenta una straordinaria occasione per cambiare l’agenda politica liberista che in questi anni ha avviato un processo di privatizzazione di cui la gestione delle risorse idriche nel nostro Paese è un simbolo emblematico.
Così come il referendum sul nucleare potrà costituire un utile strumento per aprire finalmente una discussione pubblica sulla riconversione ecologica dell’economia e del modello energetico.
Sinistra Ecologia Libertà dell’Emilia Romagna convenuta a Rimini nel suo primo Congresso impegna tutti i livelli, Istituzionali e Politici, al sostegno della campagna referendaria attivandosi per: chiedere che la data del voto referendario coincida con quella delle elezioni amministrative della prossima primavera; aderire all’appello del Comitato “SIacquapubblica” per l’autofinanziamento sottoscrivendo quote significative sul raggiungimento del quorum; formare in ogni territorio comitati unitari per il Si; continuare la battaglia contro la privatizzazione in tutti gli enti locali.
Da oggi inizia l'ultima tappa, siamo sicuri che le migliori energie di questa regione non si tireranno indietro".
SEL Emila Romagna
Nucleare - Il problema senza la soluzione
Il nuovo spot di Greenpeace contro il nucleare fa il verso alle pubblicità delle grandi compagnie energetiche, mostrando - con grande chiarezza, toni di voce rassicuranti e ironia - tutte le agghiaccianti verità sull'atomo: le scorie impossibili da smaltire, gli enormi costi, il falso mito dell'indipendenza energetica, i problemi di sicurezza. www.greenpeace.it/stopnucleare
clicca sull'immagine per ingrandire
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Ruby-Gate... no comment
Berlusconi: «non c'è stata nessuna concussione, nessuna induzione alla prostituzione, men che meno di minorenni. Io resto sereno, perchè la verità vince sempre»
Richiesta di autorizzazione alla perquisizione
Fascicolo d'inchiesta
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Primarie 2011 a Bologna
Tutti i lavoratori e gli studenti fuorisede domiciliati a Bologna che desiderino esercitare il diritto di voto per le Primarie dovranno registrarsi presso il Comitato entro le ore 12 del giorno 21 gennaio 2011.
ecco il link
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Amelia Frascaroli,
SEL Bologna,
verso le primarie
DOCUMENTO POLITICO CONCLUSIVO DEL 1° CONGRESSO REGIONALE DI SEL E-R
La commissione politica assume e condivide la relazione del Segretario Regionale uscente.
Viviamo in una regione che ha saputo rappresentare un modello di governo per la sinistra.Lo ha fatto a partire da un’idea di buona e piena occupazione, da un sistema di welfare avanzato e innovativo, costruito da una comunità coesa e unita nell'inseguire il sogno di una società diversa.Negli anni tuttavia l'ispirazione si è annebbiata, lasciando spazio all'amministrazione di un'eredità preziosa e tuttavia in costante depauperamento.La politica ha smarrito la capacità di essere costante tensione verso il futuro, per diventare luogo di concertazione di interessi sempre più inconciliabili, con il passaggio globale dall'età del compromesso keynesiano a quella del neo liberismo.
Oggi la crisi squassa le ultime certezze, disseminando i nostri territori dei segni terribili della cassa integrazione, della perdita di posti di lavoro, della precarietà, dell'insicurezza e paura montanti.Le politiche di bilancio della destra di Berlusconi e Tremonti fanno il resto, minando le fondamenta del welfare di prossimità, costringendo regione e enti locali a compiere ulteriori passi nello smantellamento delle reti di protezione sociale.
Noi non reggeremo, se non sapremo parlare con chiarezza il vocabolario dell'alternativa, se non avremo la capacità di riconnettere politica e società per costruire insieme le basi di un nuovo patto di cittadinanza.
Ce lo impone la consapevolezza che la crisi ci consegna una realtà di disoccupazione strutturale, che il vincolo ambientale ci impedisce di risolvere con la leva delle esternalità.Allo stesso tempo assumiamo la consapevolezza che l'Italia odierna sconti un peso della rendita finanziaria e immobiliare che blocca la possibilità di investimenti e innovazione.
Per questo proponiamo di indirizzare la nostra iniziativa politica secondo gli assi della tutela del territorio, della riconversione verde dell'economia, dell’investimento in saperi, ricerca e innovazione, dell'introduzione di forme di reddito di cittadinanza.Per questo crediamo che la politica debba riappropriarsi della propria capacità di disegnare il futuro, attraverso forme di programmazione e intervento che non possono limitarsi alla formula abusata dell'indirizzo e controllo. Questo vale per le prossime scelte dei Piani Strategici e Territoriali Regionali, che devono essere indirizzati alla riduzione degli impatti e al risparmio delle risorse e dei beni comuni ambientali.Allo stesso modo, si deve affrontare il dibattito sulla gestione dei servizio socio-sanitari, all'infanzia e alla non autosufficienza, dove è da ripensare il rapporto con i privati, che troppo spesso ha significato riduzione dei diritti dei lavoratori e abbassamento qualitativo, da rivedere i parametri della direttiva regionale sull’accreditamento.
L'alternativa della destra è davanti ai nostri occhi e ci parla il linguaggio dolciastro della famiglia, intesa come surrogato di un welfare cancellato e affidato alle donne, le prime espulse o costrette ad abbandonare la dimensione lavorativa, oltre che maggiormente precarizzate e minacciate da un'inaccettabile innalzamento dell'età di pensione.Oppure quello più aspro e stridente del precariato di massa, del ricatto occupazionale e della concorrenza fra lavoratori.
Un dopoguerra senza guerra.
Uscire dalla crisi significa invece uscire dal modello che l'ha prodotta, a partire da una nuova centralità del lavoro, da un welfare universalistico e inclusivo, e da una rivoluzione ecologica nei modi e fini della produzione.
Sinistra Ecologia Libertà ritiene che l'Emilia Romagna possa tornare ad essere un modello di governo del cambiamento.Esistono infatti nei nostri territori le risorse umane ed economiche, le condizioni culturali e politiche perchè questo possa avvenire.È tuttavia necessario un intervento forte della politica, una nuova narrazione capace di rimettere in campo la dimensione di un progetto collettivo.
Riteniamo che il centrosinistra sia l'ambito in cui questo possa realizzarsi, senza cedimenti verso l'UDC o altre forze di ispirazione centrista.A partire dalle elezioni amministrative della prossima primavera siamo quindi impegnati nella costruzione di alleanze di centrosinistra in cui far emergere i temi centrali della nostra iniziativa politica.La fase in cui ci muoviamo è quella del tramonto del berlusconismo, che si accompagna all'attacco al sistema di relazioni industriali e sindacali costruito nel dopoguerra portato avanti da Marchionne.A essere in gioco sono il ruolo del sindacato, i diritti dei lavoratori, la posizione stessa dell'Italia nell'economia mondo.Il governo ha già dimostrato con la “riforma” Gelmini di condividere un'impostazione che colloca il nostro paese nella periferia globale.La sinistra all'opposto deve saper far vivere un'idea di rilancio della democrazia fuori e dentro i luoghi di lavoro, di avvio di un ciclo economico che faccia della ricerca e dell'innovazione e della cultura, i veri assi di sviluppo, che pratichi e parli il linguaggio della laicità, della riduzione delle disuguaglianze e dei diritti di cittadinanza a partire dall’estensione del diritto di voto per i cittadini migranti.
La questione della differenza di genere, della libertà e del protagonismo delle donne deve essere assunta non come questione tra le tante, ma come questione paradigmatica per il rinnovamento della politica, con la necessità di riscrivere la relazione tra i generi e di potenziare le iniziative della Regione sul tema della prevenzione della violenza agita sulle donne.
Chiediamo, infine, le primarie di coalizione, che non possono essere vittima di tatticismi e paure.Le chiediamo non perché convinti della nostra forza, ma perché al contrario coscienti della nostra insufficienza, della condizione di asfissia che vivono le stanze di una politica separata.
Le primarie sono lo strumento per definire perimetro delle alleanze e contenuti. Senza di esse il centrosinistra si consegna a una deriva politicista che puó solo condurre alla sconfitta. È il nostro popolo che deve essere protagonista di una stagione di cambiamento, che non puó che partire da un grande percorso di partecipazione alle scelte fondamentali
L’Assemblea regionale neo-eletta, riunitasi al termine del Congresso, ha eletto all’unanimità, riconfermandolo in carica, Giovanni Paglia come Coordinatore regionale di SEL Emilia-Romagna e Lorenzo Cipriani come Tesoriere regionale.
Rimini, 16 gennaio 2011
Viviamo in una regione che ha saputo rappresentare un modello di governo per la sinistra.Lo ha fatto a partire da un’idea di buona e piena occupazione, da un sistema di welfare avanzato e innovativo, costruito da una comunità coesa e unita nell'inseguire il sogno di una società diversa.Negli anni tuttavia l'ispirazione si è annebbiata, lasciando spazio all'amministrazione di un'eredità preziosa e tuttavia in costante depauperamento.La politica ha smarrito la capacità di essere costante tensione verso il futuro, per diventare luogo di concertazione di interessi sempre più inconciliabili, con il passaggio globale dall'età del compromesso keynesiano a quella del neo liberismo.
Oggi la crisi squassa le ultime certezze, disseminando i nostri territori dei segni terribili della cassa integrazione, della perdita di posti di lavoro, della precarietà, dell'insicurezza e paura montanti.Le politiche di bilancio della destra di Berlusconi e Tremonti fanno il resto, minando le fondamenta del welfare di prossimità, costringendo regione e enti locali a compiere ulteriori passi nello smantellamento delle reti di protezione sociale.
Noi non reggeremo, se non sapremo parlare con chiarezza il vocabolario dell'alternativa, se non avremo la capacità di riconnettere politica e società per costruire insieme le basi di un nuovo patto di cittadinanza.
Ce lo impone la consapevolezza che la crisi ci consegna una realtà di disoccupazione strutturale, che il vincolo ambientale ci impedisce di risolvere con la leva delle esternalità.Allo stesso tempo assumiamo la consapevolezza che l'Italia odierna sconti un peso della rendita finanziaria e immobiliare che blocca la possibilità di investimenti e innovazione.
Per questo proponiamo di indirizzare la nostra iniziativa politica secondo gli assi della tutela del territorio, della riconversione verde dell'economia, dell’investimento in saperi, ricerca e innovazione, dell'introduzione di forme di reddito di cittadinanza.Per questo crediamo che la politica debba riappropriarsi della propria capacità di disegnare il futuro, attraverso forme di programmazione e intervento che non possono limitarsi alla formula abusata dell'indirizzo e controllo. Questo vale per le prossime scelte dei Piani Strategici e Territoriali Regionali, che devono essere indirizzati alla riduzione degli impatti e al risparmio delle risorse e dei beni comuni ambientali.Allo stesso modo, si deve affrontare il dibattito sulla gestione dei servizio socio-sanitari, all'infanzia e alla non autosufficienza, dove è da ripensare il rapporto con i privati, che troppo spesso ha significato riduzione dei diritti dei lavoratori e abbassamento qualitativo, da rivedere i parametri della direttiva regionale sull’accreditamento.
L'alternativa della destra è davanti ai nostri occhi e ci parla il linguaggio dolciastro della famiglia, intesa come surrogato di un welfare cancellato e affidato alle donne, le prime espulse o costrette ad abbandonare la dimensione lavorativa, oltre che maggiormente precarizzate e minacciate da un'inaccettabile innalzamento dell'età di pensione.Oppure quello più aspro e stridente del precariato di massa, del ricatto occupazionale e della concorrenza fra lavoratori.
Un dopoguerra senza guerra.
Uscire dalla crisi significa invece uscire dal modello che l'ha prodotta, a partire da una nuova centralità del lavoro, da un welfare universalistico e inclusivo, e da una rivoluzione ecologica nei modi e fini della produzione.
Sinistra Ecologia Libertà ritiene che l'Emilia Romagna possa tornare ad essere un modello di governo del cambiamento.Esistono infatti nei nostri territori le risorse umane ed economiche, le condizioni culturali e politiche perchè questo possa avvenire.È tuttavia necessario un intervento forte della politica, una nuova narrazione capace di rimettere in campo la dimensione di un progetto collettivo.
Riteniamo che il centrosinistra sia l'ambito in cui questo possa realizzarsi, senza cedimenti verso l'UDC o altre forze di ispirazione centrista.A partire dalle elezioni amministrative della prossima primavera siamo quindi impegnati nella costruzione di alleanze di centrosinistra in cui far emergere i temi centrali della nostra iniziativa politica.La fase in cui ci muoviamo è quella del tramonto del berlusconismo, che si accompagna all'attacco al sistema di relazioni industriali e sindacali costruito nel dopoguerra portato avanti da Marchionne.A essere in gioco sono il ruolo del sindacato, i diritti dei lavoratori, la posizione stessa dell'Italia nell'economia mondo.Il governo ha già dimostrato con la “riforma” Gelmini di condividere un'impostazione che colloca il nostro paese nella periferia globale.La sinistra all'opposto deve saper far vivere un'idea di rilancio della democrazia fuori e dentro i luoghi di lavoro, di avvio di un ciclo economico che faccia della ricerca e dell'innovazione e della cultura, i veri assi di sviluppo, che pratichi e parli il linguaggio della laicità, della riduzione delle disuguaglianze e dei diritti di cittadinanza a partire dall’estensione del diritto di voto per i cittadini migranti.
La questione della differenza di genere, della libertà e del protagonismo delle donne deve essere assunta non come questione tra le tante, ma come questione paradigmatica per il rinnovamento della politica, con la necessità di riscrivere la relazione tra i generi e di potenziare le iniziative della Regione sul tema della prevenzione della violenza agita sulle donne.
Chiediamo, infine, le primarie di coalizione, che non possono essere vittima di tatticismi e paure.Le chiediamo non perché convinti della nostra forza, ma perché al contrario coscienti della nostra insufficienza, della condizione di asfissia che vivono le stanze di una politica separata.
Le primarie sono lo strumento per definire perimetro delle alleanze e contenuti. Senza di esse il centrosinistra si consegna a una deriva politicista che puó solo condurre alla sconfitta. È il nostro popolo che deve essere protagonista di una stagione di cambiamento, che non puó che partire da un grande percorso di partecipazione alle scelte fondamentali
L’Assemblea regionale neo-eletta, riunitasi al termine del Congresso, ha eletto all’unanimità, riconfermandolo in carica, Giovanni Paglia come Coordinatore regionale di SEL Emilia-Romagna e Lorenzo Cipriani come Tesoriere regionale.
Rimini, 16 gennaio 2011
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Le varie facce della stessa medaglia
I giornali di questi giorni ci hanno messo di fronte a una serie di episodi, apparentemente distanti uno dall’altro ma che in realtà altro non sono che le diverse facce della stessa medaglia.
La sera prima dell’Epifania nella ricca e benestante Bologna, muore un bimbo di 23 giorni, italiano, come hanno tenuto a evidenziare gli organi di stampa, con l’unica colpa di essere venuto al mondo in una famiglia che vive la vita in uno stato di precarietà, e di evidente miseria, fatta di lavori precari e saltuari .
Sembra che i genitori non si siano rivolti ai servizi sociali per paura di perdere la potestà genitoriale sui figli, e quindi di perdere il piccolo Devid, ( questo è il nome del piccolo che è deceduto) il gemellino e una sorellina di 18 mesi.
Un dramma della miseria e dell’ignoranza che ha lasciato esterrefatti e indignati i bolognesi.
Ma quanti di quelli rimasti allibiti da questa notizia avevano avuto occasione di vedere questa famiglia in difficoltà, l’avevano incontrata magari sotto i portici? e con che occhi la guardavano?
Tg 3 regionale di qualche settimana fa, in un paese della provincia di Modena, ricca e grassa Emilia, ici sono delle auto in un parcheggio dove al suo interno ci sono delle coppie, famiglie fino a ieri normali, che dopo aver perso il lavoro, si sono ritrovate senza casa e senza possibilità di poter pagare un’ affitto e ora vivono in questo parcheggio dormendo in macchina. A volte hanno la possibilità di andare a mangiare alla mensa della Caritas in altre occasioni si arrangiano.
La sera prima dell’Epifania nella ricca e benestante Bologna, muore un bimbo di 23 giorni, italiano, come hanno tenuto a evidenziare gli organi di stampa, con l’unica colpa di essere venuto al mondo in una famiglia che vive la vita in uno stato di precarietà, e di evidente miseria, fatta di lavori precari e saltuari .
Sembra che i genitori non si siano rivolti ai servizi sociali per paura di perdere la potestà genitoriale sui figli, e quindi di perdere il piccolo Devid, ( questo è il nome del piccolo che è deceduto) il gemellino e una sorellina di 18 mesi.
Un dramma della miseria e dell’ignoranza che ha lasciato esterrefatti e indignati i bolognesi.
Ma quanti di quelli rimasti allibiti da questa notizia avevano avuto occasione di vedere questa famiglia in difficoltà, l’avevano incontrata magari sotto i portici? e con che occhi la guardavano?
Tg 3 regionale di qualche settimana fa, in un paese della provincia di Modena, ricca e grassa Emilia, ici sono delle auto in un parcheggio dove al suo interno ci sono delle coppie, famiglie fino a ieri normali, che dopo aver perso il lavoro, si sono ritrovate senza casa e senza possibilità di poter pagare un’ affitto e ora vivono in questo parcheggio dormendo in macchina. A volte hanno la possibilità di andare a mangiare alla mensa della Caritas in altre occasioni si arrangiano.
Stanno assieme nel parcheggio per vincere la paura durante la notte, si lavano alla fontana pubblica poco distante e i bar sono i loro servizi igienici.
Tg 3 del 12 gennaio, Sardegna, una mamma con una piccola di pochi mese riceve lo sfratto e sono costrette a vivere in un garage, messo a disposizione da amici.
Vivono e dormono nel garage insieme a un’auto, dove non c’è spazio per muoversi.
Tg 3 del 12 gennaio, Sardegna, una mamma con una piccola di pochi mese riceve lo sfratto e sono costrette a vivere in un garage, messo a disposizione da amici.
Vivono e dormono nel garage insieme a un’auto, dove non c’è spazio per muoversi.
La madre fa dei lavori di pulizia presso alcune famiglie, ma il reddito mensile non supera i 350 euro al mese e un affitto non è possibile pagarlo
.
Scene di ordinaria miseria, che da un po’ di tempo fa sembrava una “piaga” debellata, poi sembrava una di quelle “malattie” che potevano colpire solo gli extracomunitari e dalla quale noi “ italiani “ ne eravamo immuni, ora ci siamo dentro fino al collo.
Cambio di scena, cancelli di Mirafiori, davanti all’entrata dello stabilimento FIAT si fronteggiano operai che devono scegliere con un referendum farsa se continuare a lavorare senza diritti, senza rappresentanza, e con molte incertezze per il futuro o se rischiare di perdere il lavoro.
Questo per poco più di 1000 euro al mese, vera e propria sopravvivenza.
Questa scelta sono ben consapevoli, non è solo per loro, ma a caduta toccherà anche tanti altri lavoratori fuori da quei cancelli.
È una nuova guerra fra poveri, rabbia, disperazione, pianto, segnano queste giornate.
In un ufficio sobrio, come lo ha definito Chiamparino, (Sindaco di Torino) e super tecnologico ben 3 computer accesi, siede il personaggio dell’anno del “Sole 24 ore” sua maestà Sergio Marchionne da tutti riverito sia a destra che nel centrosinistra, è lui che ha scritto l’accordo sul quale si stanno fronteggiando i lavoratori.
Sergio Marchionne percepisce uno stipendio minimo di 4.5 milioni di euro anno, arrotondato grazie alle stock options che gli vengono riconosciute a varie decine di milioni l’anno, pari allo stipendio medio di 1037 lavoratori FIAT.
Nuova scena , titoli di prima pagina di molti giornali nazionali in questi giorni “ Lista Falciani”.
È una lista di circa 7000 italiani che ha depositato circa 5 miliardi e mezzo di euro nella filiale di Ginevra della HSBC, in parte se non in toto, presumibilmente in “nero”. Ora 120 procure stanno indagando.
Ci sono piccoli imprenditori , professionisti, attori, bei nomi del mondo della moda e intere famiglie imprenditoriali dai nonni ai nipoti.
Quante HSBC ci sono in giro per il mondo?
Soldi , tanti soldi, ricchezza a volontà, ma la volontà innanzi tutto di evadere , non pagare le tasse, non condividere la solidarietà che la costituzione esprime chiamando tutti a partecipare a seconda del proprio reddito alle spese per garantire i servizi.
Soldi immobilizzati che non creano ricchezza, ma forse danno un senso di potere a chi li versa in questi depositi, sentirsi “furbi” rispetto alla normalità della maggior parte dei cittadini.
E così i servizi pubblici che anche questi signori forse a volte usano, vengono pagati da chi è costretto a lavorare per poco più di 1000 euro al mese perché è il lavoro dipendente che paga le tasse per tanti.
Altra scena, il Papa che proclama che l’insegnamento dell’educazione sessuale e civile minaccia la libertà religiosa.
Ecco allora le diverse facce di una stessa medaglia, da una parte chi si danna per sopravvivere , dall’altra invece ricchezze senza senso, e una Chiesa che invece di intervenire sulle questioni sociali, sui drammi di tanta parte della società, su una redistribuzione più equa della ricchezza, proclamando gli insegnamenti evangelici, la vicinanza agli ultimi, sceglie ancora una volta di eludere la questione per parlare di altro.
Una Chiesa che deve fare i conti con gli abusi sessuali perpetrati negli anni, non trova di meglio che essere contro all’educazione sessuale, forse anche loro dovrebbero adottarla nei loro seminari.
Una Chiesa che nulla ha detto sull’uso delle escort da parte del Presidente del Consiglio oggi si preoccupa che venga insegnata l’educazione sessuale ai giovani.
Una Chiesa che si schiera contro l’educazione civica, una materia che può creare le basi per costruire un cittadino migliore, laico e quindi rispettoso di tutte le fedi e le differenze e che magari capisce anche che il pagare le tasse è fondamentale per vivere meglio tutti in nome della solidarietà.
Ecco una Chiesa che si schiera ancora sul niente e ricchi che esportano i loro capitali all’estero da una parte, mentre dietro l’angolo ci sono persone che muoiono o faticano a sopravvivere ci dimostra come questa medaglia che è il nostro Paese sta creando sempre più ingiustizie sociali.
I più ricchi si arricchiscono sempre più e i più poveri sono sempre più poveri.
Ecco perché ora urge cambiare qualcosa in questo nostro Paese.
Per non indignarci più per la morte di un neonato.
.
Scene di ordinaria miseria, che da un po’ di tempo fa sembrava una “piaga” debellata, poi sembrava una di quelle “malattie” che potevano colpire solo gli extracomunitari e dalla quale noi “ italiani “ ne eravamo immuni, ora ci siamo dentro fino al collo.
Cambio di scena, cancelli di Mirafiori, davanti all’entrata dello stabilimento FIAT si fronteggiano operai che devono scegliere con un referendum farsa se continuare a lavorare senza diritti, senza rappresentanza, e con molte incertezze per il futuro o se rischiare di perdere il lavoro.
Questo per poco più di 1000 euro al mese, vera e propria sopravvivenza.
Questa scelta sono ben consapevoli, non è solo per loro, ma a caduta toccherà anche tanti altri lavoratori fuori da quei cancelli.
È una nuova guerra fra poveri, rabbia, disperazione, pianto, segnano queste giornate.
In un ufficio sobrio, come lo ha definito Chiamparino, (Sindaco di Torino) e super tecnologico ben 3 computer accesi, siede il personaggio dell’anno del “Sole 24 ore” sua maestà Sergio Marchionne da tutti riverito sia a destra che nel centrosinistra, è lui che ha scritto l’accordo sul quale si stanno fronteggiando i lavoratori.
Sergio Marchionne percepisce uno stipendio minimo di 4.5 milioni di euro anno, arrotondato grazie alle stock options che gli vengono riconosciute a varie decine di milioni l’anno, pari allo stipendio medio di 1037 lavoratori FIAT.
Nuova scena , titoli di prima pagina di molti giornali nazionali in questi giorni “ Lista Falciani”.
È una lista di circa 7000 italiani che ha depositato circa 5 miliardi e mezzo di euro nella filiale di Ginevra della HSBC, in parte se non in toto, presumibilmente in “nero”. Ora 120 procure stanno indagando.
Ci sono piccoli imprenditori , professionisti, attori, bei nomi del mondo della moda e intere famiglie imprenditoriali dai nonni ai nipoti.
Quante HSBC ci sono in giro per il mondo?
Soldi , tanti soldi, ricchezza a volontà, ma la volontà innanzi tutto di evadere , non pagare le tasse, non condividere la solidarietà che la costituzione esprime chiamando tutti a partecipare a seconda del proprio reddito alle spese per garantire i servizi.
Soldi immobilizzati che non creano ricchezza, ma forse danno un senso di potere a chi li versa in questi depositi, sentirsi “furbi” rispetto alla normalità della maggior parte dei cittadini.
E così i servizi pubblici che anche questi signori forse a volte usano, vengono pagati da chi è costretto a lavorare per poco più di 1000 euro al mese perché è il lavoro dipendente che paga le tasse per tanti.
Altra scena, il Papa che proclama che l’insegnamento dell’educazione sessuale e civile minaccia la libertà religiosa.
Ecco allora le diverse facce di una stessa medaglia, da una parte chi si danna per sopravvivere , dall’altra invece ricchezze senza senso, e una Chiesa che invece di intervenire sulle questioni sociali, sui drammi di tanta parte della società, su una redistribuzione più equa della ricchezza, proclamando gli insegnamenti evangelici, la vicinanza agli ultimi, sceglie ancora una volta di eludere la questione per parlare di altro.
Una Chiesa che deve fare i conti con gli abusi sessuali perpetrati negli anni, non trova di meglio che essere contro all’educazione sessuale, forse anche loro dovrebbero adottarla nei loro seminari.
Una Chiesa che nulla ha detto sull’uso delle escort da parte del Presidente del Consiglio oggi si preoccupa che venga insegnata l’educazione sessuale ai giovani.
Una Chiesa che si schiera contro l’educazione civica, una materia che può creare le basi per costruire un cittadino migliore, laico e quindi rispettoso di tutte le fedi e le differenze e che magari capisce anche che il pagare le tasse è fondamentale per vivere meglio tutti in nome della solidarietà.
Ecco una Chiesa che si schiera ancora sul niente e ricchi che esportano i loro capitali all’estero da una parte, mentre dietro l’angolo ci sono persone che muoiono o faticano a sopravvivere ci dimostra come questa medaglia che è il nostro Paese sta creando sempre più ingiustizie sociali.
I più ricchi si arricchiscono sempre più e i più poveri sono sempre più poveri.
Ecco perché ora urge cambiare qualcosa in questo nostro Paese.
Per non indignarci più per la morte di un neonato.
Francesco Rivola
portavoce SEL Valle del Senio
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Si' ai diritti, no ai ricatti: moltiplichiamo la solidarieta' alla FIOM
Cari tutti/e,
intanto buon anno, anche se l’anno non mi sembra cominciare sotto i migliori auspici. Tanto per citarne una, nei prossimi giorni lavoratori e lavoratrici della Mirafiori saranno costretti a votare su un quesito assurdo: o accetti orari di lavoro più pesanti, meno pause, più straordinario, turni di notte, malattia non pagata, rinuncia a diritti indisponibili come il diritto di sciopero e di rappresentanza sindacale democraticamente eletta, o la fabbrica chiude. Molti hanno sottolineato quanto il ricatto sia menzognero, oltre che ignobile: non è vero che sia così semplice per la Fiat andarsene dall’Italia, non è vero che i SUV (i SUV!!) che vuole produrre a Mirafiori si possono produrre ovunque e poi caricarli su navi o tir e portarli a scorrazzare in giro per il mondo, non è vero che dalla crisi Fiat si esce distruggendo il sindacato e spremendo i lavoratori oltre ogni limite, ma serve ricerca, nuovi prodotti e un nuovo piano industriale, riconversione ecologica e innovazione tecnologica, e così via.
Cose di buon senso, che invece vengono bollate come pericoloso estremismo, mentre sempre di più circolano fra noi interrogativi angosciosi: e se la prossima volta, per ottenere un investimento in Italia, chiedessero alle lavoratrici di rinunciare alla maternità, che per esempio non è garantita né negli Stati Uniti né in Cina? Se ci chiedessero di far cucire palloni ai bambini anche qui in Italia, anziché fare campagne internazionali contro il lavoro minorile? Se ci chiedessero di cancellare le ferie, le festività, di lavorare 18 ore al giorno? Nelle campagne di Rosarno già si fa: invece di indignarsi, perché non esportiamo quei modelli di lavoro anche in fabbrica?
Dov’è il confine, di questa corsa al ribasso per inseguire un’idea di globalizzazione sempre più feroce? E non lo abbiamo già visto nella crisi finanziaria globale, quali risultati può portare dare mano libera totale alle imprese, senza alcun controllo né vincoli?
Non voglio farla troppo lunga: hanno già scritto in tanti e tante, molto meglio di me. Voglio chiedervi solo, come piccolo buon proposito del nuovo anno, di dedicare qualche minuto a riflettere su questa vicenda, e a compiere alcuni piccolissimi gesti:
- firmare i due appelli che vi inoltro (uno della FIOM e uno di MicroMega, e inoltrarli a tutto il vostro indirizzario e mail e/o contatti su facebook, twitter, ecc.
- non rassegnarvi a un centrosinistra plaudente o “neutrale” di fronte al più grave attacco alla libertà, alla democrazia, alla dignità dei lavoratori, mai verificatosi negli ultimi 50 anni. Se siete iscritti o sostenitori del PD, andate nelle sezioni, scrivete ai vostri gruppi dirigenti, chiedete che il vostro partito ascolti e rifletta, che non si consegni inerme ai ricatti del più forte. Se come me sostenete SEL, o Italia dei valori, o la Federazione della sinistra, chiedete di non arroccarsi nelle proprie giuste scelte, ma invece di continuare a incalzare il PD e perfino “i moderati”, perché una violazione della democrazia come quella cui stiamo assistendo, probabilmente la DC non l’avrebbe mai accettata. Se siete impegnati nei movimenti nella scuola, nelle università, nella cultura, che tanta forza e speranza ci hanno comunicato in questi mesi, fate della vicenda Fiat uno dei temi centrali della vostra riflessione e del vostro lavoro. Infatti che speranza c’è per la cultura nel nostro paese, se vince la cultura della giungla? Che speranza c’è per i diritti di precari e migranti, se ogni idea di diritti viene spazzata via come un orpello inutile?
- e infine, sostenete la FIOM, non solo politicamente, ma anche nel concreto. Lo sapete che con questo accordo il sindacato che non firma perde non solo la rappresentanza in azienda, che già di per sé è una cosa aberrante, ma perde anche il diritto di assemblea, di circolazione sul posto di lavoro, e perfino di far fare ai lavoratori che decidono di iscriversi al sindacato la trattenuta in busta paga?
Si tornerà ai militanti che devono girare ogni mese casa per casa, per raccogliere i soldi delle tessere! Di fronte a questa prospettiva, non basta il nostro sdegno: servono anche i nostri soldi. Vi incollo qui sotto l’IBAN della FIOM. Oppure potete versare con carta di credito, dal sito www.fiom.cgil.it
Codice IBAN: IT 62 O 01030 03201 000000870360
c/o Banca Monte dei Paschi di Siena
intanto buon anno, anche se l’anno non mi sembra cominciare sotto i migliori auspici. Tanto per citarne una, nei prossimi giorni lavoratori e lavoratrici della Mirafiori saranno costretti a votare su un quesito assurdo: o accetti orari di lavoro più pesanti, meno pause, più straordinario, turni di notte, malattia non pagata, rinuncia a diritti indisponibili come il diritto di sciopero e di rappresentanza sindacale democraticamente eletta, o la fabbrica chiude. Molti hanno sottolineato quanto il ricatto sia menzognero, oltre che ignobile: non è vero che sia così semplice per la Fiat andarsene dall’Italia, non è vero che i SUV (i SUV!!) che vuole produrre a Mirafiori si possono produrre ovunque e poi caricarli su navi o tir e portarli a scorrazzare in giro per il mondo, non è vero che dalla crisi Fiat si esce distruggendo il sindacato e spremendo i lavoratori oltre ogni limite, ma serve ricerca, nuovi prodotti e un nuovo piano industriale, riconversione ecologica e innovazione tecnologica, e così via.
Cose di buon senso, che invece vengono bollate come pericoloso estremismo, mentre sempre di più circolano fra noi interrogativi angosciosi: e se la prossima volta, per ottenere un investimento in Italia, chiedessero alle lavoratrici di rinunciare alla maternità, che per esempio non è garantita né negli Stati Uniti né in Cina? Se ci chiedessero di far cucire palloni ai bambini anche qui in Italia, anziché fare campagne internazionali contro il lavoro minorile? Se ci chiedessero di cancellare le ferie, le festività, di lavorare 18 ore al giorno? Nelle campagne di Rosarno già si fa: invece di indignarsi, perché non esportiamo quei modelli di lavoro anche in fabbrica?
Dov’è il confine, di questa corsa al ribasso per inseguire un’idea di globalizzazione sempre più feroce? E non lo abbiamo già visto nella crisi finanziaria globale, quali risultati può portare dare mano libera totale alle imprese, senza alcun controllo né vincoli?
Non voglio farla troppo lunga: hanno già scritto in tanti e tante, molto meglio di me. Voglio chiedervi solo, come piccolo buon proposito del nuovo anno, di dedicare qualche minuto a riflettere su questa vicenda, e a compiere alcuni piccolissimi gesti:
- firmare i due appelli che vi inoltro (uno della FIOM e uno di MicroMega, e inoltrarli a tutto il vostro indirizzario e mail e/o contatti su facebook, twitter, ecc.
- non rassegnarvi a un centrosinistra plaudente o “neutrale” di fronte al più grave attacco alla libertà, alla democrazia, alla dignità dei lavoratori, mai verificatosi negli ultimi 50 anni. Se siete iscritti o sostenitori del PD, andate nelle sezioni, scrivete ai vostri gruppi dirigenti, chiedete che il vostro partito ascolti e rifletta, che non si consegni inerme ai ricatti del più forte. Se come me sostenete SEL, o Italia dei valori, o la Federazione della sinistra, chiedete di non arroccarsi nelle proprie giuste scelte, ma invece di continuare a incalzare il PD e perfino “i moderati”, perché una violazione della democrazia come quella cui stiamo assistendo, probabilmente la DC non l’avrebbe mai accettata. Se siete impegnati nei movimenti nella scuola, nelle università, nella cultura, che tanta forza e speranza ci hanno comunicato in questi mesi, fate della vicenda Fiat uno dei temi centrali della vostra riflessione e del vostro lavoro. Infatti che speranza c’è per la cultura nel nostro paese, se vince la cultura della giungla? Che speranza c’è per i diritti di precari e migranti, se ogni idea di diritti viene spazzata via come un orpello inutile?
- e infine, sostenete la FIOM, non solo politicamente, ma anche nel concreto. Lo sapete che con questo accordo il sindacato che non firma perde non solo la rappresentanza in azienda, che già di per sé è una cosa aberrante, ma perde anche il diritto di assemblea, di circolazione sul posto di lavoro, e perfino di far fare ai lavoratori che decidono di iscriversi al sindacato la trattenuta in busta paga?
Si tornerà ai militanti che devono girare ogni mese casa per casa, per raccogliere i soldi delle tessere! Di fronte a questa prospettiva, non basta il nostro sdegno: servono anche i nostri soldi. Vi incollo qui sotto l’IBAN della FIOM. Oppure potete versare con carta di credito, dal sito www.fiom.cgil.it
Codice IBAN: IT 62 O 01030 03201 000000870360
c/o Banca Monte dei Paschi di Siena
AG. 1 di Roma | Via Po, 94 | 00198 - Roma
intestato alla Fiom-Cgil nazionale
Causale: Campagna di sostegno
Scusatemi se l’ho fatta troppo lunga: sono una vecchia metalmeccanica, dopo tutto. Di questi tempi, ne vado particolarmente fiera.
Chiara Ingrao
Vedi l'appello della FIOM "Uniti ce la possiamo fare"
Vedi l'appello di MicroMega "La società civile con la Fiom"
Scusatemi se l’ho fatta troppo lunga: sono una vecchia metalmeccanica, dopo tutto. Di questi tempi, ne vado particolarmente fiera.
Chiara Ingrao
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Perchè stiamo con la Fiom - SEL Emilia Romagna
Sinistra Ecologia Libertà Emilia Romagna vuole esprimere la sua solidarietà e sostegno alla FIOM per la lotta che sta sostenendo a tutela di tutte le lavoratrici e lavoratori italiani.
A Mirafiori non si gioca infatti soltanto un ricatto inaccettabile sulla pelle degli operai FIAT, messi di fronte all’alternativa fra perdita del posto di lavoro e rinuncia a diritti che appartengono alla civiltà del nostro paese.
Ciò che è in palio è il ruolo dell’Italia nell’economia globale, e quindi il nostro stesso futuro.
Con l’appoggio di un governo estraneo agli interessi nazionali si cerca di far passare l’idea che il mantenimento in Italia di cicli della produzione industriale non possa che passare per la riduzione dei livelli salariali, la cancellazione del diritto di sciopero, l’abolizione della malattia retribuita, l’imposizione di ritmi di lavoro sempre più pesanti.
In questo modo si sceglie definitivamente la strada della competizione al ribasso con i paesi della periferia del mondo, abbandonando il modello europeo, e imboccando una china dagli esiti prevedibili quanto inaccettabili.
Si è cominciato parlando di eccezione Pomigliano, ora l’eccezione è diventata la Fiat, domani sarà la norma per tutto il lavoro dipendente.
Pensare che scelte politiche di tale portata debbano pesare esclusivamente sulle spalle dei lavoratori di Mirafiori e attribuire al referendum di oggi e domani niente più che il valore di una scelta sull’organizzazione interna di un’azienda sarebbe uno sbaglio clamoroso.
Per questo è lecito dubitare della legittimità di quello strumento, per il merito su cui si è chiamati a votare e per il contesto in cui questo avviene.
Per questo la sinistra non ha scelta nella valutazione dell’operazione di Marchionne. Non si può parlare di rilancio del paese senza partire dalla centralità del lavoro, senza scegliere apertamente di tornare a giocare un ruolo nella fascia alta dell’economia mondiale, senza una crescita della domanda interna, senza un indirizzo strategico che punti all’innovazione di prodotto e alla ricerca.
Tutto il contrario di quanto propone la FIAT, che pretende dai lavoratori un salto indietro di 50 anni senza nemmeno un piano industriale, che non sia il miraggio del miliardo.
Marchionne e Berlusconi vogliono che l’Italia diventi terreno di conquista e scorribanda per la speculazione finanziaria e per investitori senza scrupoli. Noi stiamo con la FIOM.
A Mirafiori non si gioca infatti soltanto un ricatto inaccettabile sulla pelle degli operai FIAT, messi di fronte all’alternativa fra perdita del posto di lavoro e rinuncia a diritti che appartengono alla civiltà del nostro paese.
Ciò che è in palio è il ruolo dell’Italia nell’economia globale, e quindi il nostro stesso futuro.
Con l’appoggio di un governo estraneo agli interessi nazionali si cerca di far passare l’idea che il mantenimento in Italia di cicli della produzione industriale non possa che passare per la riduzione dei livelli salariali, la cancellazione del diritto di sciopero, l’abolizione della malattia retribuita, l’imposizione di ritmi di lavoro sempre più pesanti.
In questo modo si sceglie definitivamente la strada della competizione al ribasso con i paesi della periferia del mondo, abbandonando il modello europeo, e imboccando una china dagli esiti prevedibili quanto inaccettabili.
Si è cominciato parlando di eccezione Pomigliano, ora l’eccezione è diventata la Fiat, domani sarà la norma per tutto il lavoro dipendente.
Pensare che scelte politiche di tale portata debbano pesare esclusivamente sulle spalle dei lavoratori di Mirafiori e attribuire al referendum di oggi e domani niente più che il valore di una scelta sull’organizzazione interna di un’azienda sarebbe uno sbaglio clamoroso.
Per questo è lecito dubitare della legittimità di quello strumento, per il merito su cui si è chiamati a votare e per il contesto in cui questo avviene.
Per questo la sinistra non ha scelta nella valutazione dell’operazione di Marchionne. Non si può parlare di rilancio del paese senza partire dalla centralità del lavoro, senza scegliere apertamente di tornare a giocare un ruolo nella fascia alta dell’economia mondiale, senza una crescita della domanda interna, senza un indirizzo strategico che punti all’innovazione di prodotto e alla ricerca.
Tutto il contrario di quanto propone la FIAT, che pretende dai lavoratori un salto indietro di 50 anni senza nemmeno un piano industriale, che non sia il miraggio del miliardo.
Marchionne e Berlusconi vogliono che l’Italia diventi terreno di conquista e scorribanda per la speculazione finanziaria e per investitori senza scrupoli. Noi stiamo con la FIOM.
Giovanni Paglia
Coordinatore regionale SEL Emilia-Romagna
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Sì della Consulta, adesso la parola ai cittadini
La Corte Costituzionale ha ammesso due quesiti referendari proposti dai movimenti per l'acqua. A primavera gli uomini e le donne di questo paese decideranno su un bene essenziale. La vittoria dei “sì” porterà ad invertire la rotta sulla gestione dei servizi idrici e più in generale su tutti i beni comuni.
Attendiamo le motivazione della Consulta sulla mancata ammissione del terzo quesito, ma è già chiaro che questa decisione nulla toglie alla battaglia per la ripubblicizzazione dell'acqua e che rimane intatta la forte valenza politica dei referendum.
Il Comitato Promotore oggi più che mai esige un immediato provvedimento di moratoria sulle scadenze del Decreto Ronchi e sull'abrogazione degli AATO, un necessario atto di democrazia perché a decidere sull'acqua siano davvero gli italiani.
Il Comitato Promotore attiverà tutti i contatti istituzionali necessari per chiedere che la data del voto referendario coincida con quella delle elezioni amministrative della prossima primavera.
Da oggi inizia l'ultima tappa, siamo sicuri che le migliori energie di questo paese non si tireranno indietro.
Roma, 12 gennaio 2011
Il Consiglio Operativo
Comitato Acqua Pubblica Faenza e Comprensorio
DOCUMENTO DELL'UFFICIO STAMPA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Vendola: Marchionne ci offre un'occasione per capire chi siamo
«La vicenda Mirafiori e’ dirimente. Unisce chi ha un’altra idea di Italia». Il leader della sinistra: il Pd non abbia paura di unire il centrosinistra. Alleati col Terzo polo? C’è chi ha votato la riforma Gelmini
ROMA «Temo che il 2011 possa essere un percorso doloroso per una parte del mondo del lavoro e del non lavoro», dice Nichi Vendola. Le previsioni del presidente della Regione Puglia non sono confortanti. «Ci saranno – spiega – gli effetti delle manovre finanziarie di Tremonti, che cadranno sul corpo gia’ indolenzito del lavoro dipendente e del mondo della famiglia e dei pensionati. Sara’ un anno in cui vedremo esplodere in maniera acutissima la crisi sociale del Paese».
Prevede nuove, impetuose, manifestazioni di piazza?
In realta’ ci sono già tutti i giorni, dappertutto. Non solo quelle nel mondo dell’industria privata, ma un ribollire di vertenze e di lotte a tutti i livelli: penso ai settori della pubblica amministrazione, alla sanita’. Contemporaneamente c’e’ una perdita del potere di acquisto del salario e delle pensioni: le famiglie si impoveriscono e vedono nello steso tempo dimagrire le dimensioni del welfare. Questo accade in un Paese gia’ frastornato da un fatto inedito, che e’ la perdita di capitale sociale legato al futuro delle giovani generazioni.
Il lavoro, appunto. Sulla proposta Marchionne il Pd e’ diviso: Chiamparino e chi appoggia la linea Fiom- Cgil. Lei che posizione ha?
Non e’ solo una sfida arrogante contro il mondo del lavoro. E’ l’idea di un restringimento secco degli spazi di democrazia in questo Paese. Si vuole mettere il bavaglio a tutti coloro che non si allineano, imponendo l’eliminazione del sindacato che e’ renitente alla leva di Marchionne. Chi non e’ d’accordo non ha piu’ diritto ad esistere nei luoghi di rappresentanza dei lavoratori.
Altre aziende potrebbero adottare questo modello.
Il tema che dovremmo affrontare e’ cosa produrre, e poi come produrre. E la Fiom non si e’ mai sottratta ad un negoziato su come produrre. Reagisce alla capitolazione del sindacato. Da questo punto di vista ha cominciato una battaglia che non ha solo valore sindacale, ma civile e culturale, sociale.
Cambiamo argomento. Bersani le chiede piu’ generosita’ e rilancia una alleanza costituente che comprenda anche il Terzo polo.
Non penso di avere un difetto di generosita’. A molti che hanno l’abitudine di polemizzare con argomenti venali, e talvolta usando anche l’arma della contumelia, ho sempre replicato parlando di politica. Non ho mai accettato il terreno del ping pong polemico e ho replicato con quelli che chiamo i comizi d’amore.
In sostanza il messaggio e’: prima delle alleanze confrontiamoci su un programma?
Abbiamo una occasione straordinaria che e’ quella del caso Marchionne e Mirafiori. Un punto dirimente per costruire una visione e una coalizione con coloro che si sono opposti, per esempio, alla riforma Gelmini. In fondo cosa e’ un programma? E’ mettere insieme un’idea dell’Italia e della salvezza di questo Paese che oggi vive un declino drammatico.
Ma Sel un programma ce l’ha?
Vorrei capire perche’ lo chiedono soltanto a me. Comunque e’ riassumibile efficacemente con lo slogan: contro la precarietà. La destra ci ha promesso all’inizio della stagione berlusconiana la societa’ delle tre i: impresa, inglese, informatica. E ci ha regalato l’Italia delle tre p: poverta’, precarieta’, paura.
Nell’ipotesi di elezioni anticipate Sel andrebbe da sola?
Il popolo del centrosinistra chiede ai partiti del centrosinistra di essere capaci di una grande unita’ con il popolo e con i soggetti sociali in movimento e di saper lanciare una grande sfida innovativa. Da questo punto di vista noi siamo pronti non a vivere una piccola e modesta avventura elettorale, ma a sentirci costruttori del cantiere dell’alternativa al berlusconismo.
Quindi il bipolarismo non e’ finito?
E’ finito quello all’italiana. All’orizzonte mi pare ci sia comunque il Terzo polo, ovvero ci siano tre poli della scena politica italiana.
Ma Bersani vi vuole tutti insieme.
Il Terzo polo ha già risposto. E comunque in quell’ambito c’è anche chi ha votato la riforma Gelmini e sta continuando a votare progetti fondamentali del governo Berlusconi.
Si riferisce a Futuro e liberta’? Quindi gia’ boccia l’ipotesi Bersani.
Alla fine, per paradosso, si puo’ arrivare ad allearsi anche con Berlusconi per sconfiggere Berlusconi. Il problema, in realta’, e’ discutere di quale Italia vogliamo, di quali sono le ragioni del declino del nostro Paese e di un grande disegno riformatore.
A Natale a Berlusconi ha augurato di essere un buon nonno. Cosa augura al Pd per il 2011?
Quello che auguro a tutto il Paese. Di non avere piu’ paura.
ROMA «Temo che il 2011 possa essere un percorso doloroso per una parte del mondo del lavoro e del non lavoro», dice Nichi Vendola. Le previsioni del presidente della Regione Puglia non sono confortanti. «Ci saranno – spiega – gli effetti delle manovre finanziarie di Tremonti, che cadranno sul corpo gia’ indolenzito del lavoro dipendente e del mondo della famiglia e dei pensionati. Sara’ un anno in cui vedremo esplodere in maniera acutissima la crisi sociale del Paese».
Prevede nuove, impetuose, manifestazioni di piazza?
In realta’ ci sono già tutti i giorni, dappertutto. Non solo quelle nel mondo dell’industria privata, ma un ribollire di vertenze e di lotte a tutti i livelli: penso ai settori della pubblica amministrazione, alla sanita’. Contemporaneamente c’e’ una perdita del potere di acquisto del salario e delle pensioni: le famiglie si impoveriscono e vedono nello steso tempo dimagrire le dimensioni del welfare. Questo accade in un Paese gia’ frastornato da un fatto inedito, che e’ la perdita di capitale sociale legato al futuro delle giovani generazioni.
Il lavoro, appunto. Sulla proposta Marchionne il Pd e’ diviso: Chiamparino e chi appoggia la linea Fiom- Cgil. Lei che posizione ha?
Non e’ solo una sfida arrogante contro il mondo del lavoro. E’ l’idea di un restringimento secco degli spazi di democrazia in questo Paese. Si vuole mettere il bavaglio a tutti coloro che non si allineano, imponendo l’eliminazione del sindacato che e’ renitente alla leva di Marchionne. Chi non e’ d’accordo non ha piu’ diritto ad esistere nei luoghi di rappresentanza dei lavoratori.
Altre aziende potrebbero adottare questo modello.
Il tema che dovremmo affrontare e’ cosa produrre, e poi come produrre. E la Fiom non si e’ mai sottratta ad un negoziato su come produrre. Reagisce alla capitolazione del sindacato. Da questo punto di vista ha cominciato una battaglia che non ha solo valore sindacale, ma civile e culturale, sociale.
Cambiamo argomento. Bersani le chiede piu’ generosita’ e rilancia una alleanza costituente che comprenda anche il Terzo polo.
Non penso di avere un difetto di generosita’. A molti che hanno l’abitudine di polemizzare con argomenti venali, e talvolta usando anche l’arma della contumelia, ho sempre replicato parlando di politica. Non ho mai accettato il terreno del ping pong polemico e ho replicato con quelli che chiamo i comizi d’amore.
In sostanza il messaggio e’: prima delle alleanze confrontiamoci su un programma?
Abbiamo una occasione straordinaria che e’ quella del caso Marchionne e Mirafiori. Un punto dirimente per costruire una visione e una coalizione con coloro che si sono opposti, per esempio, alla riforma Gelmini. In fondo cosa e’ un programma? E’ mettere insieme un’idea dell’Italia e della salvezza di questo Paese che oggi vive un declino drammatico.
Ma Sel un programma ce l’ha?
Vorrei capire perche’ lo chiedono soltanto a me. Comunque e’ riassumibile efficacemente con lo slogan: contro la precarietà. La destra ci ha promesso all’inizio della stagione berlusconiana la societa’ delle tre i: impresa, inglese, informatica. E ci ha regalato l’Italia delle tre p: poverta’, precarieta’, paura.
Nell’ipotesi di elezioni anticipate Sel andrebbe da sola?
Il popolo del centrosinistra chiede ai partiti del centrosinistra di essere capaci di una grande unita’ con il popolo e con i soggetti sociali in movimento e di saper lanciare una grande sfida innovativa. Da questo punto di vista noi siamo pronti non a vivere una piccola e modesta avventura elettorale, ma a sentirci costruttori del cantiere dell’alternativa al berlusconismo.
Quindi il bipolarismo non e’ finito?
E’ finito quello all’italiana. All’orizzonte mi pare ci sia comunque il Terzo polo, ovvero ci siano tre poli della scena politica italiana.
Ma Bersani vi vuole tutti insieme.
Il Terzo polo ha già risposto. E comunque in quell’ambito c’è anche chi ha votato la riforma Gelmini e sta continuando a votare progetti fondamentali del governo Berlusconi.
Si riferisce a Futuro e liberta’? Quindi gia’ boccia l’ipotesi Bersani.
Alla fine, per paradosso, si puo’ arrivare ad allearsi anche con Berlusconi per sconfiggere Berlusconi. Il problema, in realta’, e’ discutere di quale Italia vogliamo, di quali sono le ragioni del declino del nostro Paese e di un grande disegno riformatore.
A Natale a Berlusconi ha augurato di essere un buon nonno. Cosa augura al Pd per il 2011?
Quello che auguro a tutto il Paese. Di non avere piu’ paura.
Marina Nemeth
da: Il piccolo
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Il ricatto
Il 13 e 14 gennaio si voterà il referendum nello stabilimento Fiat di Mirafiori.
Più che referendum il voto si basa su un ricatto bello e buono, in nome del “modernismo”.
O si accetta di lavorare senza diritti, senza rappresentanza, sulla base di un accordo firmato solo da CISL e UIL e scritto da Marchionne o si delocalizza, lasciando i lavoratori senza lavoro.
Credo che per i lavoratori non sarà facile scegliere, e sicuramente è capibile chi voterà per il sì, in quanto oggi il lavoro diventa un bene indiscusso del quale non si può fare a meno, ma credo che chi lo farà abbia bene in mente il salto che si appresta a compiere.
Infatti con questo accordo si aprono le porte all’’800, già perché le condizioni non solo degli operai della FIAT, ma degli operai in generale subiranno un arretramento notevole per ciò che riguarda i diritti e risprofonderemo nel secolo in cui la rivoluzione industriale cominciava a svilupparsi e i lavoratori erano alla mercè dei padroni del vapore.
Con una firma si recede di oltre 100 anni, ma come dicevo, mentre è comprensibile il voto di coloro che sono impegnati a mantenere il proprio posto di lavoro, così non è comprensibile lo schierarsi di alcune forze del centrosinistra come il PD, con alcuni suoi uomini di punta da Fassino a D’alema a Veltroni a Chiamparino, a favore dell’accordo.
Come può una forza che ha le sue radici nel mondo del lavoro e nelle sue lotte,schierarsi per Marchionne, come si può pensare che nel nostro Paese, la democrazia, i diritti, la rappresentanza, la libertà, si debba appendere tutti i giorni fuori dai cancelli degli stabilimenti per 8/10/12 ore a seconda di come decide il “padrone” e vivere quelle ore, che sono una buona parte della propria vita, quasi senza tutele e diritti democratici?
Sembra una vita vissuta a 2 livelli.
Come può una forza che si dice di sinistra essere ancora maanchista su un tema come questo, non si può continuamente stare con Marchionne, ma anche con gli operai, a volte bisogna scegliere, anche se una discussione è in atto all’interno di quel partito e personaggi come Cofferati, che non sono mai stati teneri con la FIOM, oggi la appoggiano, ma sono ancora pochi, come si può pensare che a sinistra si debba discutere di un tema come questo se perdere i diritti o mantenere il lavoro, ma che modernità è questa, che futuro è?
Ma come si può uscire dal berlusconismo se l’idea di modernità è questa ?
Se nei 150 anni dell’unità d’Italia si vuole per il futuro una nazione alla Marchionne, credo che le prospettive per il Paese e per la sinistra siano veramente drammatiche.
Che democrazia è questa? Dove all’interno di questi stabilimenti saranno rappresentati solo i sindacati “ buoni”, cioè coloro che sono netta minoranza da sempre, fra i lavoratori, ma hanno accettato l’accordo, questo ricorda molto le fabbriche e le rappresentanze del ventennio.
Certo nelle fabbriche la democrazia è spesso stata un optional e si è dovuta conquistare e difendere con grandi lotte e sacrifici, ma oggi sembra che si stia veleggiando verso un nuovo fascismo, certo più sottile, in doppiopetto o con il pullover, ma sicuramente un arretramento pesante.
Tutto questo per abbattere i costi del lavoro ed essere più competitivi ci dicono.
Bene è uscito in questi giorni l’analisi di un gruppo di economisti che ha dimostrato che il costo del lavoro sul prodotto finito incide solo per il 7%, ora credo che per quanto si possa fare il costo non si potrà abbassare più di tanto e non sarà questo a rendere competitiva la FIAT, forse invece è una mancanza di strategia industriale è una mancanza di modelli sul mercato che fanno si che sia la marca automobilistica europea che soffre maggiormente oggi perdendo quote di mercato, ma come mai in Germania o in Francia non si è nemmeno ipotizzato un’operazione del genere, come mai in quelle realtà per superare la crisi si è puntato sulla ricerca, sulla tecnologia , sulla sicurezza e quantità dei modelli sull’innovazione tecnologica?
Forse allora questa vuole essere una lezione per un Paese che dopo 20 anni di berlusconismo, ha oggi voglia di rialzare la testa?
In un intervista che ha rilasciato a Repubblica domenica 9 gennaio Peter Olney sindacalista americano del settore auto dice questo : “Sergio Marchionne recita in Italia un copione già scritto qui negli Stati Uniti. Alla Fiat si riproduce l'attacco ai sindacati che da anni è in atto nelle imprese americane. Guai a sottovalutarne la gravità: la rappresentanza dei lavoratori, l'organizzazione sindacale, sono l'ultimo baluardo contro l'imbarbarimento della società e l'impoverimento della democrazia. Anche i referendum di fabbrica sotto un clima d'intimidazione, li conosciamo bene".
"Il chief executive di Fiat-Chrysler non fa che ripetere tutte le mosse dei top manager di General Motors, e Ford. Per il ricatto ai lavoratori usa un linguaggio a cui siamo abituati: gli operai vengono descritti come dinosauri, relitti di un'era al tramonto, costretti ad accettare i diktat dall'alto perché altrimenti poco competitivi, quindi condannati a perdere il posto. In quanto ai referendum sotto ricatto, di recente se n'è tenuto uno alla fabbrica della Nissan nel Tennessee, per decidere proprio sulla questione della rappresentanza sindacale. Dopo una campagna di pressioni, minacce, intimidazioni da parte dell'azienda, i lavoratori hanno finito per piegare la testa e votare contro il sindacato. Oggi il sindacato americano riparte proprio da questo: vogliamo imporre un codice di condotta, che impedisca alle aziende di impaurire i lavoratori manipolando le consultazioni referendarie".
Questa è la politica di Marchionne e della FIAT, la PAURA, IL RICATTO.
Marchionne ha detto chiaramente che in questa operazione è stato aiutato dal governo e lo ha ringraziato, infatti il governo è stato “forza assente” in tutta la trattativa sia a Pomigliano prima,
e a Mirafiori poi.
Già l’asse , Marchionne, Berlusconi, Sacconi, non solo stanno portando l’Italia allo sfacelo dell’economia, ma anche della democrazia.
In questo deserto mi auguro che alta si levi la voce del Presidente della Repubblica che dica in maniera chiara che la Costituzione, proprio nel 150° compleanno di una Nazione, va applicata fuori e dentro le fabbriche con i suoi doveri e i suoi diritti.
Ed è per questo, che in questo momento diventa inevitabile stringersi attorno alla FIOM ultimo baluardo della democrazia in Italia.
Come SEL saremo a fianco dei lavoratori e della FIOM e il 28 gennaio saremo al suo fianco nello sciopero generale dei metalmeccanici, insieme per costruire un progetto di un’Italia migliore e diversa che rimetta il tema del lavoro e dei lavoratori come punto centrale dello sviluppo.
Francesco Rivola
Più che referendum il voto si basa su un ricatto bello e buono, in nome del “modernismo”.
O si accetta di lavorare senza diritti, senza rappresentanza, sulla base di un accordo firmato solo da CISL e UIL e scritto da Marchionne o si delocalizza, lasciando i lavoratori senza lavoro.
Credo che per i lavoratori non sarà facile scegliere, e sicuramente è capibile chi voterà per il sì, in quanto oggi il lavoro diventa un bene indiscusso del quale non si può fare a meno, ma credo che chi lo farà abbia bene in mente il salto che si appresta a compiere.
Infatti con questo accordo si aprono le porte all’’800, già perché le condizioni non solo degli operai della FIAT, ma degli operai in generale subiranno un arretramento notevole per ciò che riguarda i diritti e risprofonderemo nel secolo in cui la rivoluzione industriale cominciava a svilupparsi e i lavoratori erano alla mercè dei padroni del vapore.
Con una firma si recede di oltre 100 anni, ma come dicevo, mentre è comprensibile il voto di coloro che sono impegnati a mantenere il proprio posto di lavoro, così non è comprensibile lo schierarsi di alcune forze del centrosinistra come il PD, con alcuni suoi uomini di punta da Fassino a D’alema a Veltroni a Chiamparino, a favore dell’accordo.
Come può una forza che ha le sue radici nel mondo del lavoro e nelle sue lotte,schierarsi per Marchionne, come si può pensare che nel nostro Paese, la democrazia, i diritti, la rappresentanza, la libertà, si debba appendere tutti i giorni fuori dai cancelli degli stabilimenti per 8/10/12 ore a seconda di come decide il “padrone” e vivere quelle ore, che sono una buona parte della propria vita, quasi senza tutele e diritti democratici?
Sembra una vita vissuta a 2 livelli.
Come può una forza che si dice di sinistra essere ancora maanchista su un tema come questo, non si può continuamente stare con Marchionne, ma anche con gli operai, a volte bisogna scegliere, anche se una discussione è in atto all’interno di quel partito e personaggi come Cofferati, che non sono mai stati teneri con la FIOM, oggi la appoggiano, ma sono ancora pochi, come si può pensare che a sinistra si debba discutere di un tema come questo se perdere i diritti o mantenere il lavoro, ma che modernità è questa, che futuro è?
Ma come si può uscire dal berlusconismo se l’idea di modernità è questa ?
Se nei 150 anni dell’unità d’Italia si vuole per il futuro una nazione alla Marchionne, credo che le prospettive per il Paese e per la sinistra siano veramente drammatiche.
Che democrazia è questa? Dove all’interno di questi stabilimenti saranno rappresentati solo i sindacati “ buoni”, cioè coloro che sono netta minoranza da sempre, fra i lavoratori, ma hanno accettato l’accordo, questo ricorda molto le fabbriche e le rappresentanze del ventennio.
Certo nelle fabbriche la democrazia è spesso stata un optional e si è dovuta conquistare e difendere con grandi lotte e sacrifici, ma oggi sembra che si stia veleggiando verso un nuovo fascismo, certo più sottile, in doppiopetto o con il pullover, ma sicuramente un arretramento pesante.
Tutto questo per abbattere i costi del lavoro ed essere più competitivi ci dicono.
Bene è uscito in questi giorni l’analisi di un gruppo di economisti che ha dimostrato che il costo del lavoro sul prodotto finito incide solo per il 7%, ora credo che per quanto si possa fare il costo non si potrà abbassare più di tanto e non sarà questo a rendere competitiva la FIAT, forse invece è una mancanza di strategia industriale è una mancanza di modelli sul mercato che fanno si che sia la marca automobilistica europea che soffre maggiormente oggi perdendo quote di mercato, ma come mai in Germania o in Francia non si è nemmeno ipotizzato un’operazione del genere, come mai in quelle realtà per superare la crisi si è puntato sulla ricerca, sulla tecnologia , sulla sicurezza e quantità dei modelli sull’innovazione tecnologica?
Forse allora questa vuole essere una lezione per un Paese che dopo 20 anni di berlusconismo, ha oggi voglia di rialzare la testa?
In un intervista che ha rilasciato a Repubblica domenica 9 gennaio Peter Olney sindacalista americano del settore auto dice questo : “Sergio Marchionne recita in Italia un copione già scritto qui negli Stati Uniti. Alla Fiat si riproduce l'attacco ai sindacati che da anni è in atto nelle imprese americane. Guai a sottovalutarne la gravità: la rappresentanza dei lavoratori, l'organizzazione sindacale, sono l'ultimo baluardo contro l'imbarbarimento della società e l'impoverimento della democrazia. Anche i referendum di fabbrica sotto un clima d'intimidazione, li conosciamo bene".
"Il chief executive di Fiat-Chrysler non fa che ripetere tutte le mosse dei top manager di General Motors, e Ford. Per il ricatto ai lavoratori usa un linguaggio a cui siamo abituati: gli operai vengono descritti come dinosauri, relitti di un'era al tramonto, costretti ad accettare i diktat dall'alto perché altrimenti poco competitivi, quindi condannati a perdere il posto. In quanto ai referendum sotto ricatto, di recente se n'è tenuto uno alla fabbrica della Nissan nel Tennessee, per decidere proprio sulla questione della rappresentanza sindacale. Dopo una campagna di pressioni, minacce, intimidazioni da parte dell'azienda, i lavoratori hanno finito per piegare la testa e votare contro il sindacato. Oggi il sindacato americano riparte proprio da questo: vogliamo imporre un codice di condotta, che impedisca alle aziende di impaurire i lavoratori manipolando le consultazioni referendarie".
Questa è la politica di Marchionne e della FIAT, la PAURA, IL RICATTO.
Marchionne ha detto chiaramente che in questa operazione è stato aiutato dal governo e lo ha ringraziato, infatti il governo è stato “forza assente” in tutta la trattativa sia a Pomigliano prima,
e a Mirafiori poi.
Già l’asse , Marchionne, Berlusconi, Sacconi, non solo stanno portando l’Italia allo sfacelo dell’economia, ma anche della democrazia.
In questo deserto mi auguro che alta si levi la voce del Presidente della Repubblica che dica in maniera chiara che la Costituzione, proprio nel 150° compleanno di una Nazione, va applicata fuori e dentro le fabbriche con i suoi doveri e i suoi diritti.
Ed è per questo, che in questo momento diventa inevitabile stringersi attorno alla FIOM ultimo baluardo della democrazia in Italia.
Come SEL saremo a fianco dei lavoratori e della FIOM e il 28 gennaio saremo al suo fianco nello sciopero generale dei metalmeccanici, insieme per costruire un progetto di un’Italia migliore e diversa che rimetta il tema del lavoro e dei lavoratori come punto centrale dello sviluppo.
Francesco Rivola
portavoce SEL Valle del Senio
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In centomila con la Fiom
Firma anche tu l'appello di Camilleri, Flores d'Arcais e Hack
Centomila firme, per un sito come il nostro, sono un OBIETTIVO “IMPOSSIBILE”, anche se avessimo il sostegno di link importanti. Ne abbiamo raccolte in passato fino a ventimila (19916) per l'appello in solidarietà con Marco Travaglio, accusato da Fabrizio Cicchitto in Parlamento di "terrorismo mediatico", in un clima di mobilitazione delle più importanti testate contro la legge-bavaglio, mentre in piazza su questo tema si era speso anche Roberto Saviano.
Eppure riteniamo necessario provare a realizzare questo OBIETTIVO “IMPOSSIBILE” perché siamo convinti che sulla “abrogazione” della Fiom che Marchionne sta cercando di imporre, si giochi una partita cruciale per la difesa dei più elementari e intrattabili diritti e libertà costituzionali. Per questo vi chiediamo di non limitarvi a firmare l’appello, ma di mobilitarvi per farlo firmare a tutti i vostri amici, per inserirlo nei vostri blog, per farlo girare in modo “virale”, come si usa dire, su quanti più siti siete in grado di raggiungere, partecipando a discussioni, forum e altre forme di intervento.
Proviamo a realizzare questo “IMPOSSIBILE” entro il 28 gennaio, giorno dello sciopero nazionale dei metalmeccanici, a dimostrazione che la parte più coerentemente democratica della società italiana ha capito che la lotta della Fiom è una lotta che ci riguarda tutti.
(pfd’a)
L'APPELLO
"Il diktat di Marchionne, che Cisl e Uil hanno firmato, contiene una clausola inaudita, che nemmeno negli anni dei reparti-confino di Valletta era stata mai immaginata: la cancellazione dei sindacati che non firmano l’accordo, l’impossibilità che abbiano una rappresentanza aziendale, la loro abrogazione di fatto. Questo incredibile annientamento di un diritto costituzionale inalienabile non sta provocando l’insurrezione morale che dovrebbe essere ovvia tra tutti i cittadini che si dicono democratici. Eppure si tratta dell’equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente.
Per questo ci sembra che la richiesta di sciopero generale, avanzata dalla Fiom, sia sacrosanta e vada appoggiata in ogni modo. L’inaudito attacco della Fiat ai diritti dei lavoratori è un attacco ai diritti di tutti i cittadini, poiché mette a repentaglio il valore fondamentale delle libertà democratiche. Ecco perché riteniamo urgente che la società civile manifesti la sua più concreta e attiva solidarietà alla Fiom e ai lavoratori metalmeccanici: ne va delle libertà di tutti".
Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Margherita Hack
Primi firmatari: don Andrea Gallo, Antonio Tabucchi, Dario Fo, Gino Strada, Franca Rame, Luciano Gallino, Giorgio Parisi, Fiorella Mannoia, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Lorenza Carlassarre, Sergio Staino, Gianni Vattimo, Furio Colombo, Marco Revelli, Piergiorgio Odifreddi, Massimo Carlotto, Valerio Magrelli, Enzo Mazzi, Valeria Parrella, Sandrone Dazieri, Angelo d'Orsi, Lidia Ravera, Domenico Gallo, Marcello Cini, Alberto Asor Rosa, don Paolo Farinella.
Eppure riteniamo necessario provare a realizzare questo OBIETTIVO “IMPOSSIBILE” perché siamo convinti che sulla “abrogazione” della Fiom che Marchionne sta cercando di imporre, si giochi una partita cruciale per la difesa dei più elementari e intrattabili diritti e libertà costituzionali. Per questo vi chiediamo di non limitarvi a firmare l’appello, ma di mobilitarvi per farlo firmare a tutti i vostri amici, per inserirlo nei vostri blog, per farlo girare in modo “virale”, come si usa dire, su quanti più siti siete in grado di raggiungere, partecipando a discussioni, forum e altre forme di intervento.
Proviamo a realizzare questo “IMPOSSIBILE” entro il 28 gennaio, giorno dello sciopero nazionale dei metalmeccanici, a dimostrazione che la parte più coerentemente democratica della società italiana ha capito che la lotta della Fiom è una lotta che ci riguarda tutti.
(pfd’a)
L'APPELLO
"Il diktat di Marchionne, che Cisl e Uil hanno firmato, contiene una clausola inaudita, che nemmeno negli anni dei reparti-confino di Valletta era stata mai immaginata: la cancellazione dei sindacati che non firmano l’accordo, l’impossibilità che abbiano una rappresentanza aziendale, la loro abrogazione di fatto. Questo incredibile annientamento di un diritto costituzionale inalienabile non sta provocando l’insurrezione morale che dovrebbe essere ovvia tra tutti i cittadini che si dicono democratici. Eppure si tratta dell’equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente.
Per questo ci sembra che la richiesta di sciopero generale, avanzata dalla Fiom, sia sacrosanta e vada appoggiata in ogni modo. L’inaudito attacco della Fiat ai diritti dei lavoratori è un attacco ai diritti di tutti i cittadini, poiché mette a repentaglio il valore fondamentale delle libertà democratiche. Ecco perché riteniamo urgente che la società civile manifesti la sua più concreta e attiva solidarietà alla Fiom e ai lavoratori metalmeccanici: ne va delle libertà di tutti".
Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Margherita Hack
Primi firmatari: don Andrea Gallo, Antonio Tabucchi, Dario Fo, Gino Strada, Franca Rame, Luciano Gallino, Giorgio Parisi, Fiorella Mannoia, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Lorenza Carlassarre, Sergio Staino, Gianni Vattimo, Furio Colombo, Marco Revelli, Piergiorgio Odifreddi, Massimo Carlotto, Valerio Magrelli, Enzo Mazzi, Valeria Parrella, Sandrone Dazieri, Angelo d'Orsi, Lidia Ravera, Domenico Gallo, Marcello Cini, Alberto Asor Rosa, don Paolo Farinella.
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