Il processo di unificazione di un Paese, di uno Stato, di una Nazione, certamente è più complesso e controverso di come ce lo raccontavano da ragazzi sui banchi di scuola, a scuola naturalmente prevaleva l'epopea, con il suo carico di ingenuità e di retorica.
La costituzione di uno Stato nazionale, è stato così in tutta Europa e in tutto il mondo, avviene sulla base di interessi e di passioni fortissime. Io ho cominciato da bambino a sentirmi italiano attraverso i racconti che si facevano a casa mia della lotta popolare per liberarsi dai tedeschi, dall'oppressione e dalla fame provocata dalla guerra, ma, man mano che io diventavo più grande, dalle parole di mia madre che raccontava sempre più chiaramente come suo fratello, carabiniere in servizio, fosse stato trucidato dai tedeschi per una spiata dei fascisti locali, ho capito che, tragicamente, non tutte le cose erano andate come dovevano andare: non tutti gli italiani hanno partecipato allo stesso modo alla ricostruzione di questo Paese.
Più tardi mi sono ritrovato parte di un popolo alle prime grandi manifestazioni nazionali dei metalmeccanici, all'inizio degli anni '70, lotte per un contratto nazionale che stabiliva diritti e condizioni di base fondamentali per tutti i lavoratori italiani, da Bolzano a Termini Imerese. Ora la Fiat e il Governo stanno facendo di tutto per demolire il valore unificante dei contratti nazionali. Il mondo è sempre più globale, ma noi non stiamo discutendo di diritti universali, o almeno europei, siamo costretti a discutere di come si spezzano le reti solidali che unificano i lavoratori nel nostro Paese; eppure c'è l'Europa.
A metà degli anni ‘90, quando per la prima volta da Dobbiaco a Lienz in Austria non ho trovato il posto di blocco, la polizia di frontiera, mi sono emozionato pensando che era stata abolita quella frontiera per la quale erano andati a morire centinaia di migliaia di giovani italiani e austriaci. Eppure l'Austria era un grande Paese, con una grande cultura, un Paese nel quale, ricordando l'aforisma più celebre e fulminante di Karl Kraus, "poteva succedere che un genio venisse scambiato per un babbeo, ma non era mai successo che un babbeo venisse scambiato per un genio". Magari si potesse dire lo stesso dell'Italia di oggi!
L'Austria era un grande Paese ma noi non eravamo austriaci, siamo italiani, un popolo d'Europa. Finalmente abbiamo la fortuna di vivere da 65 anni in un'Europa che non ha conosciuto, salvo la tragedia dei Balcani, la guerra: finalmente i popoli d’Europa e i governi d’Europa hanno superato le divisioni che avevano portato alle due guerre mondiali del secolo scorso.
Io sono convinto che oggi è l’Europa la Patria unificante per cui questo Paese deve impegnarsi, questo Paese unito deve impegnarsi per un’Europa nuova Patria unificante.
Quindi per me oggi celebrare e rinnovare il valore dell’unità d’Italia, rinnovare un sentimento di appartenenza, certo significa anche ricordare momenti di una storia sociale minore, come quando, nel 1982 in Spagna ci siamo sentiti tutt’uno con Pertini che esultava al gol di Tardelli, ma significa soprattutto sentirsi uniti, tutelati da una rete di diritti sociali e civili che ci facciano sentire di appartenere effettivamente allo stesso Stato/Nazione, Significa ritrovarsi in una scuola pubblica, che ha il compito di formare e includere, cioè di offrire a tutti i ragazzi pari opportunità all’ingresso nella vita sociale; significa essere orgogliosi della nostra cultura, dello straordinario patrimonio storico e paesaggistico del nostro Paese, ma significa anche difenderlo, questo straordinario patrimonio culturale e paesaggistico, dalla speculazione, dalla devastazione, da troppe schifezze che si sono fatte e si stanno tuttora facendo.
In definitiva, a mio parere, oggi rinnovare il valore dell’Unità d’Italia significa fare vivere la nostra Costituzione.
intervento in Aula in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell'Unità d'Italia
Gian Guido Naldi
Consigliere Regione Emilia-Romagna
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