Ci sono pagine della nostra storia...

Ci sono pagine cruciali della nostra storia ancora tutte da scrivere interamente; o almeno da riscrivere. Vicende eluse dai  manuali storia o appena sfiorate o affrontate con reticenza. E’ il caso, per esempio, della lotta al brigantaggio nel mezzogiorno dell’Italia post-unitaria.
Un’autentica tragedia,nelle forme di una guerra civile, promossa e combattuta da governi che non ebbero scrupoli  a sospendere, in una parte estesa  del territorio italiano, lo stato di diritto. Con esiti drammatici,  sotto il profilo sociale ed economico. C’è poi un capitolo ,questo sì tutto da scrivere  che riguarda il rapporto fra lo Stato e la mafia dalle origini dell’Unità d’Italia ad oggi. Rapporto spesso ambiguo,fatto di scambi  di favori e accrediti reciproci più o meno espliciti. Chi pensa ancora  che  si tratti di vicende della nostra epoca sbaglia. Fin dalla sua nascita lo Stato  italiano ha avuto a che fare con la mafia,anzi con le mafie,da Cosa Nostra alla Camorra all’’Ndrangheta. E con esse ,spesso, è venuto a patti. 
Più di un secolo fa , tra il 1898 e il 1900   il questore di Palermo Ermanno Sangiorgi (nato a Riolo a Terme nel 1840 ed entrato nel corpo di polizia nei giorni dell’adesione delle Romagne al nuovo stato unitario)   raccontò, in  una rapporto di più di cinquecento pagine al Ministero degli Interni, le relazioni più che  pericolose  tra politica e mafia nella Palermo di quegli anni. Il quadro che emerse  dal rapporto del Sangiorgi  in termini di collusione  fra stato e mafia  a cavallo del secolo è lo stesso che decenni dopo  Buscetta rappresentò  a Falcone in una memorabile confessione e  che avviò una fase nuova nella lotta alla mafia. Ma perché allora , la domanda è retorica,lo stato non  volle  dare un seguito attivo ( quasi un secolo prima) alla denuncia del questore Sangiorgi?
Con il Sangiorgi la cui vita di sivil servant,  coinciderà con gli anni difficili e  complessi  della formazione del nuovo stato unitario,cercheremo di ripercorre alcuni momenti  della nostra  storia nazionale. Ermanno Sangorgi ,poco più che ventenne fu infatti  in prima linea, , sul fronte del contrasto al brigantaggio, tra la Basilicata e la Calabria;poi, nei anni  settanta, trasferito  in Sicilia, ebbe a risolvere  e a documentare  numerosi casi   di ordinaria illegalità,tra omicidi,grassazioni,estorsioni ,tutte di  stampo mafioso. Nominato  questore di  Napoli  nei primi anni ’90 conobbe e contrastò il potere della camorra . Infine  inviato a Palermo  nel 1898 per  espressa volontà dell’allora Presidente del Consiglio Pelloux  fu il questore dell’arresto dell’On. Palizzolo, politico assai influente legato a filo doppio con le famiglie mafiose  della città cui  ordinò l’assassinio di Notarbartolo,integerrimo esponente della destra storica siciliana che aveva denunciato ,da Presidente del Banco di Sicilia, i traficci illeciti del deputato. Fu il primo processo di mafia che suscito l'attenzione dei media di tutta Italia.E siamo solo agli inizi del secolo scorso.

prof. Ennio Grassi

Domani sera, martedì 12 aprile, si terrà la terza serata organizzata dal circolo Sinistra Ecologia Libertà Valle del Senio per ricordare i 150 anni dell’unità d’Italia.

La serata dal titolo : Ermanno Sangiorgi un servitore dello stato ( tra  brigantaggio e mafie nell’Italia post unitaria 1861 – 1900 ) sarà tenuta dal prof. Ennio Grassi.
La serata si svolgerà alle ore 21 nella sala del Consiglio Comunale di Riolo Terme.

Solidarietà a Idilio Galeotti

Il circolo di Sinistra Ecologia Libertà valle del Senio, esprime solidarietà, stima  e vicinanza a Idilio Galeotti, coordinatore  territoriale  CGIL di Faenza, sollevato dal proprio incarico.

Al di la delle motivazioni interne al sindacato, su cui non vogliamo entrare, resta il fatto che  a essere colpito è chi in questi mesi di forte crisi per il mondo del lavoro, si è schierato sempre e senza tatticismi, con i più deboli, con i lavoratori che stavano perdendo diritti e lavoro, cercando di dare loro, voce.

Così è stato per la vertenza OMSA per la quale Galeotti ha fatto in modo che passasse dalle cronache locali alle cronache nazionali, attraverso la presenza a trasmissioni come Anno Zero, o altre sui media nazionali.

In questi mesi  Galeotti ha lavorato bene sul territorio faentino, disponibile a confrontarsi con chiunque e pubblicamente, per denunciare lo stato di crisi anche del nostro territorio, cercando di far emergere una realtà spesso sottovalutata.

Forse per questa sua politica di apertura alla società, e per la passione che ha messo nel portare avanti le vertenze, nelle quali, si è speso sempre in prima persona, prima fra tutte quella dell’OMSA, è diventato scomodo per qualcuno. Certo è che si è scelto di sollevarlo dai propri incarichi.

Ma proprio la fretta e la mancanza di motivazioni reali, hanno dell’inverosimile all’interno di una organizzazione sindacale democratica come la CGIL.

SEL valle del Senio si dichiara molto preoccupata per quanto avvenuto all’interno della CGIL, ma soprattutto preoccupata per la rottura che si stà creando in questi giorni fra una parte del mondo del lavoro, (si vedano i vari siti o le pagine di facebook o i commenti anche di esponenti delle rsu ) e la CGIL.

Infatti sono diversi gli iscritti che stanno restituendo le tessere e altri stanno minacciando di farlo.

In un momento di forte difficoltà e divisioni all’interno del mondo del lavoro, questo episodio non aiuta certamente.

Rinnovare il valore dell’Unità d’Italia significa fare vivere la nostra Costituzione

Il processo di unificazione di un Paese, di uno Stato, di una Nazione, certamente è più complesso e controverso di come ce lo raccontavano da ragazzi sui banchi di scuola, a scuola naturalmente prevaleva l'epopea, con il suo carico di ingenuità e di retorica.

La costituzione di uno Stato nazionale, è stato così in tutta Europa e in tutto il mondo, avviene sulla base di interessi e di passioni fortissime. Io ho cominciato da bambino a sentirmi italiano attraverso i racconti che si facevano a casa mia della lotta popolare per liberarsi dai tedeschi, dall'oppressione e dalla fame provocata dalla guerra, ma, man mano che io diventavo più grande, dalle parole di mia madre che raccontava sempre più chiaramente come suo fratello, carabiniere in servizio, fosse stato trucidato dai tedeschi per una spiata dei fascisti locali, ho capito che, tragicamente, non tutte le cose erano andate come dovevano andare: non tutti gli italiani hanno partecipato allo stesso modo alla ricostruzione di questo Paese.

Più tardi mi sono ritrovato parte di un popolo alle prime grandi manifestazioni nazionali dei metalmeccanici, all'inizio degli anni '70, lotte per un contratto nazionale che stabiliva diritti e condizioni di base fondamentali per tutti i lavoratori italiani, da Bolzano a Termini Imerese. Ora la Fiat e il Governo stanno facendo di tutto per demolire il valore unificante dei contratti nazionali. Il mondo è sempre più globale, ma noi non stiamo discutendo di diritti universali, o almeno europei, siamo costretti a discutere di come si spezzano le reti solidali che unificano i lavoratori nel nostro Paese; eppure c'è l'Europa.

A metà degli anni ‘90, quando per la prima volta da Dobbiaco a Lienz in Austria non ho trovato il posto di blocco, la polizia di frontiera, mi sono emozionato pensando che era stata abolita quella frontiera per la quale erano andati a morire centinaia di migliaia di giovani italiani e austriaci. Eppure l'Austria era un grande Paese, con una grande cultura, un Paese nel quale, ricordando l'aforisma più celebre e fulminante di Karl Kraus, "poteva succedere che un genio venisse scambiato per un babbeo, ma non era mai successo che un babbeo venisse scambiato per un genio". Magari si potesse dire lo stesso dell'Italia di oggi!

L'Austria era un grande Paese ma noi non eravamo austriaci, siamo italiani, un popolo d'Europa. Finalmente abbiamo la fortuna di vivere da 65 anni in un'Europa che non ha conosciuto, salvo la tragedia dei Balcani, la guerra: finalmente i popoli d’Europa e i governi d’Europa hanno superato le divisioni che avevano portato alle due guerre mondiali del secolo scorso.

Io sono convinto che oggi è l’Europa la Patria unificante per cui questo Paese deve impegnarsi, questo Paese unito deve impegnarsi per un’Europa nuova Patria unificante.

Quindi per me oggi celebrare e rinnovare il valore dell’unità d’Italia, rinnovare un sentimento di appartenenza, certo significa anche ricordare momenti di una storia sociale minore, come quando, nel 1982 in Spagna ci siamo sentiti tutt’uno con Pertini che esultava al gol di Tardelli, ma significa soprattutto sentirsi uniti, tutelati da una rete di diritti sociali e civili che ci facciano sentire di appartenere effettivamente allo stesso Stato/Nazione, Significa ritrovarsi in una scuola pubblica, che ha il compito di formare e includere, cioè di offrire a tutti i ragazzi pari opportunità all’ingresso nella vita sociale; significa essere orgogliosi della nostra cultura, dello straordinario patrimonio storico e paesaggistico del nostro Paese, ma significa anche difenderlo, questo straordinario patrimonio culturale e paesaggistico, dalla speculazione, dalla devastazione, da troppe schifezze che si sono fatte e si stanno tuttora facendo.

In definitiva, a mio parere, oggi rinnovare il valore dell’Unità d’Italia significa fare vivere la nostra Costituzione.

intervento in Aula in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell'Unità d'Italia
Gian Guido Naldi
Consigliere Regione Emilia-Romagna